OSSERVATORIO AMERICANO/ Il coraggio ambiguo di Jeff Flake (e di Bob Corker)

di DOMENICO MACERI* – “Non sarò complice di comportamenti spericolati e vergognosi” che rappresentano una “minaccia alla democrazia”. Queste sono solo alcune delle parole che il senatore dell’Arizona Jeff Flake ha pronunciato in Senato attaccando Donal Trump ma allo stesso tempo il Partito Repubblicano che continua a supportare l’attuale inquilino della Casa Bianca. Un discorso impetuoso e in un certo senso coraggioso, smorzato però dall’annuncio che Flake non si ripresenterà alle elezioni l’anno prossimo.
Flake aveva già espresso il suo disappunto per i comportamenti scorretti di Trump durante l’elezione del 2016 come ci conferma il suo rifiuto di offrire l’endorsement all’allora candidato repubblicano. Dopo l’elezione, però, Flake aveva accettato la vittoria di Trump ed ne aveva persino cantato le lodi. Inoltre il senatore dell’Arizona aveva supportato le nomine giudiziarie di Trump, specialmente quella di Neil Gorsuch alla Corte Suprema.

Flake nei dieci mesi della presidenza di Trump ha sostenuto l’agenda legislativa  dell’inquilino della Casa Bianca al 91 percento votando per le nomine giudiziarie, la marcia indietro delle agenzie regolatrici, ed altre iniziative del presidente.  L’American Conservative Union  gli ha dato un voto del 95 percento per i suoi voti al Senato, cifra quasi identica a quella di Jeff Sessions, quando l’attuale procuratore generale era anche lui al Senato. Flake ha supportato anche il disegno di legge per la revoca dell’Obamacare, silurato però dal suo collega dell’Arizona John McCain, Lisa Murkowski (Alaska) e Susan Collins (Maine).
Flake dunque non muove obiezioni all’ideologia politica di Trump ma al suo comportamento, che lui vede come una minaccia non solo per il suo partito ma anche per la democrazia. Il senatore aveva anche confermato le sue preoccupazioni su Trump in un libro pubblicato questa estate dal titolo “The Conscience of a Conservative” (La coscienza di un conservatore) nel quale reitera la sua distanze da Trump. Come si sa, Flake è mormone e nel suo libro rimarca gli attacchi a Trump mettendo in rilievo i valori della sua fede sul decoro e il rispetto che lui vede totalmente assenti dai comportamenti di Trump. Non ha tutti i torti, ma Flake non è un buon messaggero perché il suo discorso e la sua denuncia di Trump sono stati condizionati dalle sue pessime possibilità di rielezione l’anno prossimo. Infatti, l’ala destra del partito, incoraggiata da Stephen Bannon, avrebbe supportato  nelle primarie repubblicane Kelli Ward, la quale, secondo i sondaggi, avrebbe sconfitto Flake (58 a 31 percento). Anche se Flake fosse riuscito a ribaltare la situazione e avere la meglio sulla Ward, l’eventuale avversaria democratica, Kyrsten Sinema, gli avrebbe dato filo da torcere.

In effetti, Flake, non vedendo una strada per la sua rielezione, ha deciso che inizierà il discorso per le denunce a Trump che in realtà altri, specialmente Hillary Clinton, avevano fatto durante la campagna elettorale dell’anno scorso. Anche il senatore Bob Corker del Tennessee ha recentemente evocato argomentazioni simili a quelle messe in rilievo; da Flake ma anche qui si tratta di un altro senatore che ha deciso anche lui di non correre per la rielezione.
Ambedue senatori fanno parte dell’establishment repubblicano che non si oppone ideologicamente a Trump ma vede l’attuale inquilino della Casa Bianca come non meritevole di rappresentare il loro partito e di essere alla presidenza. Ci saranno probabilmente altri che concordano, ma, con l’eccezione di John McCain,  la maggioranza rimane silenziosa e loro continuano a lavorare con il 45esimo presidente per questioni di realpolitik. Lindsey Graham, senatore della North Carolina, ne è un esempio: dopo essere stato sconfitto da Trump alle primarie e dopo i ripetuti e reciproci tweet velenosi, Graham ha deciso che collaborerà per implementare la visione politica repubblicana.

In effetti, Trump ha preso il controllo del suo partito e nonostante le sue critiche spesso personali contro la leadership, che lui vede responsabile per l’incapacità di mettere in atto l’agenda legislativa, sono rari gli interventi come quelli di Flake e Corker. Infatti, i due senatori sono stati criticati per la loro resa sostenendo che se il loro impegno fosse genuino dovrebbero ripresentarsi alle elezioni e lottare per i loro principi.
Ciononostante Flake e Corker avranno i residui 14 mesi del loro mandato per ostacolare Trump come presidente e la sua agenda politica. Questa ipotesi non farà perdere il sonno all’inquilino della Casa Bianca. L’incubo di Trump, però, esiste e si chiama Robert Mueller, il procuratore speciale che si occupa del Russiagate. Paul Manafort, Robert Gates e George Papadopoulos, tre dei collaboratori del 45esimo presidente, sono  infatti agli arresti domiciliari accusati di cospirazione. Il tam tam del Russiagate che si avvicina alla Casa Bianca continua ad aumentare di volume.

*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

 

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