TENNIS E CORONAVIRUS/ Tutto fermo da giorni e il capitano dell’Italia di Coppa Davis Corrado Barazzutti non lascia molte speranze di ripresa: “E’ irrealistico tornare in campo senza un vaccino. A oggi parlare di date non ha senso”

di FABIO CAMILLACCI/ Come tutti gli sport, anche il tennis è bloccato da giorni a causa dell’emergenza coronavirus. Il circuito professionistico internazionale al momento è sospeso sino a metà luglio. Ricordiamo che il prestigioso torneo su erba di Wimbledon è stato cancellato. Oltretutto, gli scenari futuri sono difficilmente ipotizzabili; soprattutto considerando che i protagonisti, ma anche il pubblico e gli addetti ai lavori, fanno parte di diversi Paesi e vivono situazioni diverse legate alla diffusione del contagio e di conseguenza al superamento della pandemia.

Il pensiero di Corrado Barazzutti la dice lunga in tal senso. Il capitano dell’Italia di Coppa Davis ha detto: “Quando si tornerà a giocare a tennis? Non voglio essere pessimista ma il più realista possibile: fino a quando non troveranno un vaccino non potremo tornare alla normalità. Parlare di date e calendari senza un vaccino non lo vedo possibile”. Nei giorni scorsi il presidente della Atp, Andrea Gaudenzi, aveva parlato di situazione ancora fluida dicendosi possibilista ad esempio sul poter disputare a fine agosto gli Us Open. Su questo punto Barazzutti ha detto: “Certo, si potrebbe pensare come sta facendo il calcio a tornei a porte chiuse. Però Wimbledon, che ha comunque dei diritti tv importanti, ha deciso di non andare avanti senza tifosi sugli spalti”.

La sospensione degli stipendi. Il capitano azzurro di Davis coinvolto in prima persona nella sospensione di tutti gli stipendi decisa dal presidente della Federtennis italiana, Angelo Binaghi, ha commentato: “E un momento in cui tutti quanti dobbiamo rinunciare a qualcosa, un sacrificio che faccio dettato dalla mia coscienza. Non si tratta solo della Federazione italiana tennis, un po’ in tutti i settori la situazione economica è difficile. Questo è qualcosa che faccio per il bene di tutti. Io sono una persona che lavora perché ha bisogno di lavorare, non mi posso permettere di vivere di rendita, per me è comunque un sacrificio. Lavoro e vivo di quello che produco. Sono un libero professionista, non ho una cassa integrazione e neanche una pensione e questo è un sacrificio che si fa perché la coscienza mi dice di farlo”.

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