OSSERVATORIO AMERICANO/ Strada in salita sull’aumento delle tasse ai ricchi: fra realpolitik e giustizia

di DOMENICO MACERI* – “Non intendo punire nessuno. Sono capitalista. Se puoi guadagnare un milione o un miliardo è fantastico”. “Chiedo solo a tutti di pagare la giusta quota”. Così si è espresso  Joe Biden, presidente degli Usa, mentre cercava di giustificare la sua proposta di aumento delle tasse per i benestanti per potere coprire almeno in parte il suo piano di infrastrutture di 3500 miliardi di dollari. Biden ha continuato a spiegare che la classe media contribuisce per la sua parte ma che i ricchi non fanno altrettanto.

Durante l’amministrazione di Donald Trump le classi benestanti hanno beneficiato dalla riforma fiscale approvata dai repubblicani. Succede spesso. Ogni volta che i repubblicani controllano il potere esecutivo e legislativo riducono le imposte, vendendo il loro piano come beneficio per tutti gli americani, ma in realtà la maggior parte dei guadagni vanno alle classi agiate. Uno studio indipendente ha rilevato che l’80 per cento dei benefici della riforma fiscale di Trump del 2017 è andata ai ricchi. Anche l’allora presidente lo ricordò a un gruppo di amici in una cena nel suo resort a Mar-a-Lago in Florida. Disse ai presenti che la sua nuova legge li aveva fatti “diventare molto più ricchi”, facendo riferimento alla sua riforma, che era stata approvata pochi giorni prima.

Biden e i democratici, per coprire le spese della riforma sulle infrastrutture, mirano proprio a ribaltare, anche se non totalmente, la riforma fiscale di Trump del 2017. Un disegno di legge della Camera aumenterebbe l’aliquota dall’attuale 37 al 39,6 percento. Per costringere i ricchi a contribuire di più i profitti di plusvalenza aumenterebbero dal 20 al 25 percento. Questi cambiamenti si applicherebbero a individui single che guadagnano 400 mila dollari annui o a famiglie con reddito di 450 mila. Inoltre il piano dei democratici includerebbe un aumento addizionale del 3 per cento per individui che guadagnano 5 milioni o più, arrivando a un’aliquota del 42,6. Per questi individui la plusvalenza verrebbe anche aumentata al 28 per cento.

I sondaggi risultano favorevoli al piano di aumento delle tasse ai ricchi. Il 62 percento degli americani è favorevole al piano di Biden sulle infrastrutture, secondo la Data for Progress and Invest in America. L’85 per cento degli elettori democratici è favorevole all’aumento delle imposte su redditi di 400 mila dollari o più al quale si aggiunge anche il 51 per cento dei repubblicani. Anche il 60 per cento di individui con patrimoni di 1 milione di dollari o piùè favorevole a una tassa sui patrimoni di almeno 10 milioni di dollari, secondo un sondaggio della Cnbc. Il 48 per cento è favofevole anche ad aumenti sulla plusvalenza.

Ciononostante i legislatori repubblicani non seguono i sondaggi. Il parlamentare repubblicano del Texas Kevin Brady, riflettendo la retorica del suo partito, ha dichiarato che gli aumenti delle tasse proposti dai democratici avranno effetti negativi “sulla classe media e le piccole aziende”. Brady ignora che la proposta si applica solo ai redditi oltre 400 mila dollari, escludendo la classe media, definita con un reddito di 68 mila dollari secondo il Pew Research Center.

Come si sa, il divario fra ricchi e poveri è aumentato notevolmente negli ultimi tempi. Persino durante la pandemia i miliardari hanno aumentato il loro patrimonio del 55 per cento dal mese di marzo del 2020 ad aprile del 2021. Gli aumenti della borsa ci danno anche un’idea di questi guadagni poiché l’uno per cento dei più ricchi possiede una grande fetta delle azioni.

Alcuni di questi miliardari come Warren Buffett, un imprenditore statunitense notissimo per la sua abilità negli investimenti finanziari e uno dei più ricchi al mondo, sono favorevoli ad aumenti delle aliquote per gli ultra ricchi. Elizabeth Warren, la senatrice liberal del Massachusetts, voleva accontentarlo. Durante le primarie democratiche dell’anno scorso, la Warren, candidata alla nomination, aveva sostenuto l’importanza di aumentare la patrimoniale per gli ultra ricchi. Bill Gates della Microsoft reagì in maniera tutt’altro che entusiasta poiché secondo lui la proposta della Warren gli avrebbe fatto perdere una buona parte della sua fortuna. In realtà, secondo i calcoli dell’anno scorso, Gates avrebbe perso solo 6 dei suoi 107 miliardi. La Warren invitò Gates a un dibattito per discutere la sua proposta ma Gates non accettò l’incontro. In sintesi, anche se la proposta di Warren fosse stata accettata ed approvata, Gates e i suoi colleghi ultra ricchi sarebbero rimasti tali anche se un po’ meno.

Nel 2011 il movimento Occupy Wall Street organizzò manifestazioni a New York contro l’iniquità finanziaria, alle quali fecero eco analoghe dimostrazioni in altri centri finanziari nel resto del mondo. Adesso la situazione è peggiorata, ma almeno siamo più informati. Negli Stati Uniti, per esempio, nel 2020 il numero di super ricchi con patrimonio netto di almeno 30 milioni di dollari è aumentato di più di 21 mila unità secondo il Credit Suisse Research Institute. Nessuna nazione al mondo ha oltrepassato la cifra di 10 mila. Inoltre, sempre secondo il Credit Suisse, il patrimonio netto di un americano medio non oltrepassa 79 mila dollari, nonostante il numero crescente di ultra ricchi. In Belgio, al contrario, questa cifra raggiunge 230 mila dollari.

I politici di sinistra in America come Bernie Sanders, senatore del Vermont, Alexandria Ocasio-Cortez, parlamentare del 14esimo distretto di New York, e Elizabeth Warren, ne sono al corrente, come pure altri esponenti del Partito Democratico. Il loro piano di infrastrutture con aumenti delle tasse per i benestanti si tradurrebbe in lievissimi miglioramenti del divario economico fra ricchi e poveri. Il piano avrebbe ovviamente benefici per la sanità, i cambiamenti climatici, aumenti al salario minimo, e investirebbe nel futuro del Paese. La strada è decisamente in salita poiché al Senato i repubblicani possono ostruire facilmente mediante la regola del filibuster, che richiede 60 consensi favorevoli per procedere al voto, e i democratici ne hanno solo 50. Il Senato però potrebbe cambiare poiché Donald Trump ha proprio in questi giorni deciso di attaccare Mitch McConnell, senatore del Kentucky, e  ditentare di togliergli la leadership, sostituendolo con un senatore a lui più fedele. Difficile capire però, in questo momento, l’effetto di una possibile frattura dei repubblicani al Senato, come vedremo in un prossimo articolo.

*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della  National Association of Hispanic Publications.

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