MOSTRO DI FIRENZE/ Revisione del processo che portò alla condanna dei cosiddetti “compagni di merende”: esposto-denuncia presentato all’Ordine degli avvocati nei confronti di Mazzeo e Biscotti, legali del nipote di Mario Vanni

di MARIO MEDORI/ E’ stato presentato al Consiglio dell’Ordine degli avvocati, un esposto-denuncia che riguarderebbe gravi violazioni del codice deontologico forense da parte dei legali Mazzeo e Biscotti (nella foto); che poi sono anche i legali del nipote di Mario Vanni, il cosiddetto “compagno di merende” condannato per i delitti del Mostro di Firenze. Una segnalazione inviata all’Ordine degli avvocati di Perugia e Pistoia circa un presunto conflitto di interessi degli ex avvocati difensori di tre familiari delle vittime che proposero una specifica tesi sull’identità del Mostro: la famosa pista del “Rosso del Mugello”.

Tesi poi “ritirata” pubblicamente e sminuita a seguito del mandato ottenuto dal parente del condannato principale dei delitti, chiedendone la revisione dei processi alla Corte d’Appello di Genova. Le violazioni ipotizzate dai ricorrenti e minuziosamente documentate, sarebbero le seguenti: conflitto di interesse, inopportunità nel difendere parti avverse con utilizzo di materiale acquisito e trasmesso dall’ ex consulente Paolo Cochi in difesa dei parenti, ma, usato invece dai legali per la revisione del condannato Vanni.

I fatti. A gennaio scorso i due legali avevano indetto una conferenza stampa, violando vari articoli del codice deontologico (ex art.18) forense. Tra le violazioni, l’omissione di fatti pregressi alla loro iniziativa quali: comunicare ai giornalisti, facendola passare per novità, la revisione da loro intrapresa, che invece era già stata presentata da altri due legali molti anni prima (Filastò e Marazzita) presso la Corte d’Appello di Genova e basata sempre sulla retrodatazione, ossia lo studio entomologico sulle foto dei cadaveri. La precedente richiesta fu ritenuta inammissibile dalla Corte d’Appello di Genova.

Altri dettagli. Inoltre, si legge ancora nell’esposto: la retrodatazione era già stata oggetto di studi scientifici con pubblicazioni di libri, documentari, convegni e trasmissioni tv già nel 2015 e pubblicata sul quotidiano “La Nazione” nel settembre 2015. Ricordiamo che una possibile revisione si dovrebbe basare su elementi di novità; come dimostrato recentemente dal “no” alla revisione del processo per la Strage di Erba. Senza fatti nuovi importanti, niente revisione del processo.

E ancora…Sembrerebbe che parte del materiale utilizzato per fare la nuova perizia, sia stata utilizzata con il dinego del consulente stesso che l’aveva loro trasmesso nell’ambito delle indagini difensive condotte su mandato della parente della persona offesa. Tutto questo nonostante la diffida/diniego all’utilizzo. Insomma, il materiale reperito per la difesa dei parenti delle vittime e spedito dal consulente Paolo Cochi, secondo gli esponenti, sarebbe stato utilizzato per la revisione del condannato.

L’esposto, infine, è documentato da tutta una serie di documenti. Compreso il parere della pm Giunti che si occupa dell’indagine e che esprime disappunto in una mail spedita all’avvocato Mazzeo, per l’ inopportunità e l’incompatibilità della richiesta, suggerendo al legale di ripeterla solo a nome del parente del condannato.
Sintesi finale, secondo l’esposto: “Vi sarebbe un grave pregiudizio al diritto delle parti civili, uno sviamento del mandato originario e una lesione della reputazione e onorabilità degli esponenti”.

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