di RAFFAELE CICCARELLI*/ Cadere, rialzarsi, cadere di nuovo, e ancora, ostinatamente rimettersi in piedi; fuggire, per trovare una nuova terra natia, dopo che la Storia ha cancellato la tua. Basterebbero queste poche parole a descrivere tutta quella che è stata la vita di Nino Benvenuti, e sono le stesse, a ben leggere, che servono per descrivere un match di pugilato, che è stato il mondo di Benvenuti. Un mondo che lui ha cambiato, presentando per la prima volta un attore diverso, elegante, istrionico, e non rude e dalle sembianze truci, violente, sempre con il sorriso pronto, accattivante, ma era solo una maschera da faccia d’angelo che nascondeva quella del pugile spietato, che sapeva colpire duro, studioso dell’avversario, capace di trovarne i punti deboli dopo pochi incroci sul ring.
Le origini. Nato a Isola d’Istria, ora in Slovenia, fu coinvolto nell’esodo giuliano dalmata dopo gli eccidi degli jugoslavi titini delle foibe, trovando una nuova patria a Trieste, dove iniziò giovanissimo a boxare, invogliato anche dal padre, che aveva praticato il pugilato in gioventù. Benvenuti mise subito in mostra le sue doti, e aveva solo ventidue anni quando conquistò la medaglia d’oro ai Giochi Olimpici di Roma, nel 1960, nella categoria pesi welter, superando in finale il sovietico Jurij Radonjak, il cinque settembre (nella foto: Benvenuti con la medaglia d’oro). Era il successo del predestinato, che gli schiudeva le porte del professionismo. Da questo punto in poi vogliamo raccontare un altro Benvenuti, e per farne capire la grandezza lo facciamo attraverso i suoi grandi avversari, le grandi dualità cui ha dato vita, quasi a voler rispondere al detto che ogni eroe ha bisogno del suo antagonista per esaltare sé stesso.
Le caratteristiche e il rivale Mazzinghi. Il sorriso sempre pronto, la parlantina sciolta, l’eleganza, il ciuffo biondo erano tutte caratteristiche, come abbiamo già scritto, che ne attiravano le antipatie in un mondo rude, anche chiuso. Erano queste caratteristiche soprattutto che servirono ad alimentare la rivalità tutta interna con Sandro Mazzinghi: il pugile toscano era tutto l’opposto del triestino, taciturno, lottatore, mentre Benvenuti era più “schermidore”, anche se dotato del pugno del ko. Due volte si sarebbero scontrati, entrambe le volte vinse il triestino, la prima strappandogli il titolo mondiale, a Milano il 18 giugno del 1965, ma molte furono le polemiche, poi stemperate nel corso degli anni.
L’altro avversario che esaltò Benvenuti fu Emile Griffith. Pugile afro americano, campione del mondo in carica, con cui l’italiano ebbe l’opportunità di potersi battere più per la possibilità di scalzare un pugile nero che perché gli fossero concesse reali possibilità di vittoria. Nino, però, seppe stupire tutti, e il 17 aprile del 1967, quando in Italia era notte fonda, la Rai trasmise l’incontro solo in radio e la voce del mitico Paolo Valenti tenne incollati all’apparecchio più di diciotto milioni di appassionati, raccontando ed esaltando Benvenuti che si riprese il titolo di campione del mondo dei pesi medi che aveva precedentemente perso contro il coreano Kim Ki-soo, seconda volta di un europeo sul suolo americano dopo il francese Marcel Cerdan. Inevitabile la rivincita, che stavolta arrise a Griffith, il 29 settembre, ma la bella del 4 marzo 1968 vide di nuovo prevalere, definitivamente l’italiano.
In seguito Benvenuti e Griffith divennero molto amici, e il primo organizzò anche una raccolta fondi per aiutarlo. Il terzo avversario che segnò il destino di Benvenuti fu Carlos Monzon, un pugile argentino determinato e forte, che affrontò Benvenuti in due match, il primo disputato a Roma il 7 settembre del 1970, il secondo a Monte Carlo l’8 maggio 1971, entrambe le volte con l’argentino vittorioso per ko tecnico, due sconfitte che posero fine alla carriera agonistica di Nino Benvenuti. Anche con Monzon Benvenuti strinse amicizia dopo la carriera, standogli vicino quando questi finì in carcere e partecipando a una commemorazione dopo la sua morte. Dopo il ritiro la vita di Benvenuti è proseguita con comparsate spesso in TV, anche in programmi giornalistici, sempre con il suo sorriso istrionico, quasi burlesco, un personaggio che ha saputo unire e dividere, come tanti grandi campioni.
*Storico dello sport
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