OMBRE SULLA REPUBBLICA/ Piazza Fontana, una strage senza colpevoli. Raffaella Fanelli intervista il giudice Guido Salvini

di RAFFAELLA FANELLI/ “Due corti di Assise hanno sentenziato la mia innocenza per la strage di Piazza Fontana. È assurdo che dopo cinque o sei processi uno scrivano venga surrettiziamente ad indicarmi come colpevole…”. Questa la dichiarazione di Franco Freda (padovano, classe 1940) che ha ricordato a chi scrive la sua estraneità alla strage del 12 dicembre 1969. “E’ stata una vicenda molto complessa, dal punto di vista giudiziario”, precisa Guido Salvini, il magistrato che ha condotto l’ultima istruttoria in ordine di tempo su Piazza Fontana. “Ci sono stati più processi contro varie persone dell’area di Ordine Nuovo e di Avanguardia Nazionale. Il primo, noto come processo di Catanzaro, si concluse con la condanna di Franco Freda, Giovanni Ventura e Guido Giannettini. In appello arrivò un’assoluzione, poi confermata in Cassazione, per insufficienza di prove. Ci sono state però le condanne per tutti gli attentati, ventuno in tutto, compiuti prima della strage. Freda e Ventura furono condannati a 15 anni per le bombe ai treni, all’ufficio cambi della stazione centrale e anche per quella all’ufficio istruzione del tribunale di Milano. La sentenza confermò l’associazione sovversiva ma non la strage, nonostante fosse una chiara espressione di quella evoluzione criminosa”.

Un’escalation di violenza che esplode in piazza Fontana il 12 dicembre del 1969. Chi colpì voleva uccidere perché la bomba deflagrò nel salone degli sportelli della Banca Nazionale dell’Agricoltura, con la banca affollata per il “mercato del venerdì” che richiamava gli agricoltori delle province di Milano e Pavia. Quel 12 dicembre ci furono cinque attentati, tutti concentrati in un lasso di tempo di appena 53 minuti e colpirono contemporaneamente Milano e Roma, le due principali città italiane. Dopo cinque istruttorie e otto processi, non è stato dato un volto ai responsabili, o meglio, un volto sì ma non una condanna. Perché?

“Negli anni ci sono state nuove indagini, sono arrivate nuove testimonianze e sono state trovate, tardivamente, prove che ci dicevano che quelle assoluzioni erano sbagliate. Chiaro che il processo a Freda e Ventura non poteva essere ripetuto. Ma ora sappiamo molto di più di quello che sapevano i magistrati di Catanzaro. La sentenza di Milano dell’ultimo processo indica Freda e Ventura come i colpevoli. E a dirlo non sono stati solo i giudici che hanno condannato Zorzi e Maggi ma anche quelli della Corte d’Assise d’Appello che li hanno assolti”.

Ha parlato di testimonianze, può ricordarle?

“Durante le indagini che ho svolto nel 1995 è stato possibile sentire nuovamente Tullio Fabris, che non era un militante politico di destra ma l’elettricista che aveva messo i lampadari nell’ufficio di Freda e che aveva ritirato i famosi timer. Nella nuova testimonianza riferisce di incontri con Ventura per perfezionare i timer che non avevano funzionato in precedenti attentati. E che per Piazza Fontana non potevano fallire. E’ Fabris a spiegare a Ventura come quei timer potevano far partire l’innesco di un congegno elettrico. Infine, rivela delle minacce ricevute nel corso del processo di Catanzaro, chiarendo i suoi tentennamenti: dice di due persone arrivate nel suo negozio e riconosciute in Massimiliano Fachini e in Pino Rauti. In seguito ci sono state le confessioni di Gianni Casalini. Che aveva già rivelato tutto agli uomini del Sid di Padova nel 1975. Aveva detto che si preparavano attentati e che lui stesso era stato utilizzato in due episodi. Sono arrivate le collaborazioni di Martino Siciliano e Carlo Digilio. Tutto è stato più chiaro. Ma l’assoluzione del precedente processo ha portato all’esito paradossale di due colpevoli non condannabili sul piano giudiziario”.

Nel giugno del 2005 la Corte di Cassazione, con una sentenza di 27 pagine, chiude l’ultimo processo sull’eccidio del 12 dicembre 1969 – quello con imputati Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni – cancellando gli ergastoli e addebitando le spese processuali ai familiari delle vittime. Scrivono i giudici: “La strage fu opera di un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine nuovo e capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura”. Condanna morale per Freda e assoluzione giudiziaria per Zorzi. Eppure il “pentito” Digilio disse addirittura che era stato Zorzi a piazzare la bomba nella banca. Che “aveva contatti riservati a Roma all’interno di strutture dello Stato”. Ma ai pentiti, si sa, non sempre si dà credito. E Delfo Zorzi, capo operativo della cellula veneta di Ordine nuovo, per sua stessa ammissione, esce indenne dal processo di Piazza Fontana. Si dichiarerà estraneo dalla strage di Piazza della Loggia a Brescia e continuerà a vivere beato in Giappone protetto dalle autorità nipponiche che mai ne hanno concesso l’estradizione. A rientrare spesso in Italia sono la moglie e la figlia, titolari di un’azienda di pelletteria e valigeria a Milano, in zona Corvetto.

Carlo Digilio resterà l’unico condannato per la strage, come ci rammenta il giudice Salvini: “E’ stato condannato in quanto confezionatore dell’ordigno e beneficiò della prescrizione grazie alla sua collaborazione”. Va ricordato che Digilio era la persona soprannominata “zio Otto” e da tutti indicata come l’esperto degli ordigni utilizzati dagli estremisti di destra. Ammise questo suo ruolo ed in particolare di avere partecipato alla riunione di Canal Salso del 7 dicembre 1969 nel corso della quale si stabilirono gli accordi esecutivi degli attentati del 12 dicembre del 1969 a Roma e a Milano. Compare anche nelle indagini sulla strage di Bologna. A tirarlo in ballo sono Valerio Fioravanti e Francesca Mambro che lo collocano a Padova, in un incontro con Gilberto Cavallini proprio la mattina della strage alla stazione.

Carlo Digilio è morto il 12 dicembre 2005. Zorzi è in Giappone mentre Freda recita Platone e individua surrettizi scrivani quando si parla di piazza Fontana. Perché a tutte le domande sulla strage e sulla presunta responsabilità sua e del defunto Ventura, Franco Freda ha anteposto le sentenze di assoluzione. Lo ha fatto con chi scrive e lo farà sempre. “Le vere stragi sono quelle che hanno cominciato a fare gli islamici, quelle che faranno, fra qualche anno, i nigeriani”, questo ha detto Franco Freda. Quasi che quella di piazza Fontana non sia stata una vera strage: “Bisognerebbe entrare nella psicologia di un uomo come Freda – conclude Salvini – che si riteneva e si ritiene un eletto. Quello che, in quell’epoca, doveva portare avanti la lotta contro il comunismo. Che doveva guidare un programma di sovversione. Una rivoluzione che certamente non poteva essere fermata da ‘qualche vittima’. I morti sono stati ‘danni collaterali’. Per certi versi si ritiene innocente . C’è una frase di Franco Freda riportata nel libro di uno scrittore veneto, Ferdinando Camon, ‘è innocente non chi è incapace di peccare ma chi pecca senza rimorsi’. Direi che questa frase spiega tutto”.

Cronologia di una strage

12 dicembre 1969. Alle ore 16,37 a Milano, in Piazza Fontana, un ordigno al tritolo esplode nel salone centrale della Banca Nazionale dell’Agricoltura, provocando 17 morti e 88 feriti. Alle 16.45, a Roma, una bomba esplode in un corridoio sotterraneo della sede centrale della Banca Nazionale del Lavoro, 13 impiegati rimangono feriti. Alle ore 17.16, sempre a Roma, scoppia un ordigno all’Altare della Patria, sul lato che si affaccia sui Fori Imperiali: nessuna vittima. Alle 17.24 a Roma si verifica una seconda esplosione sulla seconda terrazza dell’Altare della Patria, questa volta dalla parte della scalinata dell’Ara Coeli: nessuna vittima. Mentre a Milano un impiegato della Banca Commerciale Italiana di piazza della Scala trova una borsa nera e la consegna alla direzione. La borsa contiene un’altra bomba che non esploderà per un difetto di funzionamento. Intanto in questura vengono interrogati anarchici, militanti di estrema sinistra ed estremisti di destra. Fra i fermati c’è anche il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli.

15 dicembre: Giuseppe Pinelli precipita dal terzo piano della questura milanese, nonostante la tesi delle autorità sia quella del suicidio, i quattro poliziotti e il capitano dei carabinieri presenti nella stanza dell’interrogatorio saranno oggetto di procedimento penale. Il commissario Luigi Calabresi verrà coinvolto nell’inchiesta con gli altri poliziotti pur non essendo presente all’interrogatorio di Pinelli. Tutti gli imputati saranno prosciolti nel 1975.

16 dicembre: viene arrestato Pietro Valpreda militante anarchico con l’accusa di essere l’esecutore materiale della strage. Ad accusarlo un tassista, Cornelio Rolandi che racconta di aver portato Valpreda sul luogo della strage e Mario Merlino, militante del circolo anarchico 22 marzo che poi si scoprirà essere un neofascista infiltrato dai servizi segreti. Si comincia a seguire la pista dell’eversione nera e vengono indagati due uomini dell’estrema destra, Franco Freda e Giovanni Ventura. Tra i fermati c’è anche Guido Giannettini appartenente al SID e profondo conoscitore di tecniche militari.

1971: il Giudice Istruttore di Treviso Giancarlo Stiz emette un mandato di cattura nei confronti degli esponenti dell’estrema destra padovana Franco Freda, Aldo Trinco e Giovanni Ventura.

1972: il presidente della corte di Assise di Roma, Orlando Falco, sollecita la data di inizio del processo per la “moria dei testimoni”, 4 suicidi e 8 morti per infortunio.

3 marzo: Franco Freda e Giovanni Ventura vengono arrestati assieme a Pino Rauti fondatore di Ordine Nuovo accusato di voler ricostituire il Partito Fascista. Dalle indagini si fa strada l’ipotesi di un collegamento tra settori dei servizi segreti ed eversione nera.

24 marzo: Pino Rauti viene scarcerato per insufficienza di indizi e nelle elezioni del 7 maggio 1972 verrà eletto nelle liste del Movimento Sociale Italiano.

17 maggio: Luigi Calabresi viene assassinato sotto la propria abitazione a Milano.

27 agosto: il Giudice Istruttore di Milano Franco D’Ambrosio procede all’incriminazione di Freda e Ventura in qualità di mandanti o organizzatori degli attentati del dicembre 1969.

20 ottobre: tre avvisi di procedimento per omissione di atti d’ufficio nelle indagini sulla strage di Piazza Fontana vengono inviati a Elvio Catenacci già dirigente della direzione Affari Riservati del Ministero dell’Interno, al Questore di Roma Bonaventura Provenza e ad Antonino Allegra capo dell’ufficio politico della Questura di Milano.

7 novembre: dopo numerosi trasferimenti della competenza tra Roma e Milano la Cassazione affida il procedimento alla Corte di Assise di Catanzaro per motivi di ordine pubblico.

29 dicembre: Pietro Valpreda è rimesso in libertà.

15 maggio 1973: viene emesso un mandato di cattura per i fatti di Piazza Fontana per Guido Giannettini, collaboratore del SID (Servizio Informazioni Difesa, servizio segreto italiano sciolto nel 1977) che espatria in Francia.

20 giugno 1974: il Ministro della Difesa Giulio Andreotti ammette, durante un’intervista, l’errore di aver utilizzato il Segreto di Stato per proteggere Giannettini.

14 agosto: Guido Giannettini si consegna alle autorità consolari a Buenos Aires in Argentina.

12 dicembre: la Corte di Cassazione decide l’unificazione presso la sede di Catanzaro di tutte le indagini sulla strage di Piazza Fontana.

1976, febbraio: vengono arrestati il generale Gianadelio Maletti, ex capo dell’ufficio D del Servizio Informazioni Difesa (SID), e il capitano Antonio Labruna con l’accusa di aver favorito la latitanza di alcuni imputati. Le risultanze istruttorie di Roma, (orientata a seguire la pista anarchica) e Milano (che segue la pista nera) vengono inviate a Catanzaro che sembra fare propria la tesi della strage di Stato.

Luglio: vengono rinviati a giudizio tutti i 33 imputati di Roma, Milano e Catanzaro, a Roma il giudice Vittorio Occorsio che aveva indagato sulla pista dell’eversione nera per la strage di Piazza Fontana viene ucciso da un commando del gruppo Ordine Nuovo.

24 maggio 1977: una sentenza della Corte costituzionale afferma che il governo non può porre il segreto militare su documenti utili “all’accertamento di fatti eversivi dell’ordine costituzionale”.

Dicembre: il consulente giuridico del Ministro della Difesa Tanassi, Saverio Malizia viene sentito come teste dalla Corte di assise di Catanzaro ed infine arrestato in Aula per falsa testimonianza e condannato per direttissima a un anno di reclusione.

30 settembre 1978: Franco Freda, uno dei maggiori imputati nel processo per la strage di piazza Fontana, scompare dal soggiorno obbligato a Catanzaro; verrà nuovamente arrestato il 20 agosto 1979 in Costarica. Il 16 gennaio 1979 Giovanni Ventura scappa in Argentina dove sarà ripreso il 15 agosto. In seguito a queste evasioni il capo della polizia Giuseppe Parlato verrà rimosso dall’incarico.

23 febbraio 1979: a Catanzaro si conclude il processo per la strage di piazza Fontana; il tribunale di Corte d’Assise riconosce la colpevolezza degli estremisti di destra Franco Freda e Giovanni Ventura e dell’ex agente dei servizi segreti Guido Giannettini, condannandoli all’ergastolo. Viene riconosciuta l’inconsistenza della pista anarchica: Pietro Valpreda, Marco Pozzan e Mario Merlino sono assolti.

20 marzo 1981: nella sentenza della Corte di Assise di Appello, Freda e Ventura vengono condannati per associazione sovversiva a 15 anni di reclusione e assolti dal reato di strage per insufficienza di prove. Assoluzione anche per Giannettini. Dall’accusa di tentata strage, e sempre per insufficienza di prove, viene assolto anche Merlino.

18 marzo 1982: Camera e Senato, riunite in sede giudicante in seduta comune, prosciolgono Giulio Andreotti, Mariano Rumor e Mario Tanassi dall’accusa di favoreggiamento nei confronti di Guido Giannettini, l’agente del SID imputato nel processo per la strage di piazza Fontana.

1 agosto 1985: la Corte d’Appello di Bari, a cui la Cassazione, dopo avere annullato la sentenza emessa dai giudici di Catanzaro, aveva affidato la conduzione del processo, assolve tutti i principali imputati: Franco Freda, Giovanni Ventura, Mario Merlino e Pietro Valpreda. Gli ex ufficiali del SID, Gian Adelio Maletti e Antonio La Bruna, accusati di falso ideologico per avere depistato le indagini, sono condannati rispettivamente a un anno e a 10 mesi.

30 luglio 1986: Massimiliano Fachini e Stefano Delle Chiaie vengono rinviati a giudizio per il delitto di strage. Si intendeva verificare le eventuali connivenze di Delle Chiaie con apparati di altri paesi collegati con poteri occulti in Italia e il suo coinvolgimento nei fatti di Piazza Fontana.

27 gennaio 1987: la Cassazione conferma la sentenza di assoluzione per Freda e Ventura e Giannettini chiudendo un caso giudiziario che per 17 anni aveva visto impegnate le procure di Milano, Roma, Catanzaro e Bari.

20 febbraio 1989: al termine del terzo processo per la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, la Corte d’Assise di Catanzaro assolve Stefano Delle Chiaie e Massimiliano Fachini per non aver commesso il fatto. La sentenza si soffermerà lungamente sui depistaggi quali la scomparsa di frammenti della borsa che conteneva l’ordigno di Roma, e le coperture di Giannettini e di altri imputati.

1990: il giudice istruttore di Milano Guido Salvini riapre le indagini grazie alle testimonianze di alcuni “pentiti”. E Delfo Zorzi appartenente alla cellula veneta di Ordine nuovo, viene accusato di essere l’esecutore materiale della strage.

24 febbraio 2000: inizia l’ottavo processo per la strage di Piazza Fontana che ha come imputati Delfo Zorzi, latitante in Giappone, Carlo Maria Maggi, Giancarlo Rognoni fondatore de “La Fenice”, la sezione milanese di “Ordine nuovo” e l’ordinovista Stefano Tringali.

30 giugno 2001: vengono condannati all’ergastolo Delfo Zorzi (come esecutore della strage), Carlo Maria Maggi (come organizzatore, già assolto per la strage della questura ma condannato in seguito all’ergastolo in via definitiva per la strage di Piazza della Loggia) e Giancarlo Rognoni  (come basista). Carlo Digilio ottiene la prescrizione del reato per il suo contributo alle indagini, mentre Stefano Tringali viene condannato a tre anni per favoreggiamento.

12 marzo 2004: i giudici d’Appello cancellano gli ergastoli per Zorzi, Maggi e Rognoni e per Tringali la condanna passa da tre anni a uno.

3 maggio 2005: la Cassazione conferma la sentenza dichiarando prescritto il reato di Tringali. Ai parenti delle vittime vengono addebitate le spese processuali. La Cassazione, assolvendo i tre imputati (Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni) afferma che la strage di piazza Fontana fu realizzata dalla cellula eversiva di Ordine Nuovo capitanata da Franco Freda e Giovanni Ventura, non più processabili in quanto assolti con sentenza definitiva nel 1987.

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