Se il capo del governo in tv fa cucù sulle tasse da pagare

Verbavolant«Cucù ed Equitalia non c’è più dall’1 luglio», ha risposto ieri Matteo Renzi (con un linguaggio da vero primo ministro…dei boy scout) a Lucia Anunziata che su Rai3 lo interrogava sulla “rottamazione” -annullata! – delle multe inizialmente prevista nella “legge di stabilità”. Altro che cucù! Renzi insiste nel dire “abbiamo continuato ad abbassare le tasse”, ma le cose stanno diversamente. Dal rapporto della Commissione europea “Riforme fiscali negli stati membri 2015” risulta che l’Italia è al primo posto tra le grandi economie europee per incremento della pressione fiscale totale rispetto al pil nel nuovo secolo. Infatti gli oneri fiscali totali sono passati da quota 39,85% del pil nel 2000 a 43,21% nel 2015, quindi di poco più di 3 punti percentuali. Il picco è stato toccato nel 2012 quando con la cura lacrime e sangue del governo Monti il Paese scongiurò la bancarotta e la pressione fiscale salì al 43,42%.

Prima dell’Italia per tassazione totale sul pil troviamo Francia e Belgio, rispettivamente al primo e secondo posto, ma nei due paesi l’incremento rispetto all’inizio del secolo è stato inferiore rispetto al nostro  paese. Nel caso della Francia gli oneri tributari e contributivi sono passati dal 42,87% del pil del 2000 al 45,52% del pil nel 2015 (2,7 punti di rialzo); i belgi invece hanno visto le tasse salire dal 43,88% del pil al 44,79% in 15 anni (0,9 punti percentuali). Andando nel dettaglio delle altre grandi economie Ue, troviamo la Germania dove le tasse sono scese dal 40,39% del 2000 al 38,42% del 2015; la Gran Bretagna dal 35,60 al 34,45 nello stesso periodo; la Spagna dal 33,23 nel Duemila al 33,07 lo scorso anno.

Il tutto per una media nel solo 2015 pari al 40,30% nella zona euro e 39,03% nell’Unione. Unico paese tra i Ventotto a registrare un rialzo della pressione fiscale come l’Italia è il Portogallo, ma entro valori comunque ben più bassi: passando dal 31,05 del 200 al 34,96 del 2015.

Nel dettaglio del prelievo le tasse dirette in Italia sono salite dal 13,79% del pil del 2000 al 14,93% del 2015; in Francia sono passate da 11,62% al 12,53%; in Germania sono scese dal 12,43% a 11,99% in 15 anni. Anche in Gran Bretagna la tassazione ha segnato un declino passando dal 15,68% del duemila al 13,76% dello scorso anno.

Quanto alle tasse indirette, Iva in testa, l’Italia è al primo posto della zona euro è nella top ten Ue, con il settimo posto, dopo Spagna, Francia, Danimarca, Ungheria, Croazia e Slovenia (al primo posto con il 22% lo scorso anno) con una tassazione in salita al 15,12% dal 14,39% del 2000. La media della zona euro nel 2015 si è attestata al 13,12%, nell’Unione al 13,49.

Ma c’è di peggio. Alcune riduzioni di tasse nazionali vengono fatte a spese dei Comuni, che, però, sono costretti ad aumentare l’imposizione locale, come, per esempio, quella sulla Tari per la quale stiamo ricevendo i bollettini per il conguaglio in questi giorni.

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