Uno sciopero in Rai poco comprensibile

di NUCCIO FAVA* . Sono fuori dall’azienda da molto tempo, ormai ho alle spalle anche l’esperienza sindacale prima nel comitato di redazione di tre membri una bella e interessante esperienza anche di confronto politico culturale.  Poi addirittura per qualche tempo
segretario nazionale dell’Agirt associazione giornalisti radio televisivi che comprendeva la rappresentanza dei giornalisti radiofonici,  televisivi e anche degli sportivi e così via : per questo forse ho qualche titolo per esprimere la mia forte perplessità per lo sciopero indetto dai giornalisti Rai per una vertenza che ovviamente come tutte le vertenze ha una qualche legittimità ma che tuttavia nel complesso mi è apparsa povera di ragioni e motivazioni anche generali e del tutto spropositata. Anche perché  questa giornata di sciopero cadeva all’interno di una situazione  del paese alle prese con una emergenza sanitaria e non solo.  Le vicende dei sindacati con la divisione che hanno dovuto registrare da una parte Cgil e Uil e dall’altra come è noto la Cisl, la delicata situazione dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica, per non tralasciare l’appuntamento di fine anno come spesso accade nel nostro paese della manovra economica della legge di bilancio che entro il 31 va approvata .
Ebbene, in tutta questa situazione che richiederebbe cautela e intelligenza da parte dei dirigenti sindacali e quelli attuali Rai hanno deciso uno sciopero di 24 ore lasciando una parte del paese inesorabilmente in quanto abbonati soltanto alla Rai senza informazione adeguata in una giornata così importante. La cosa singolare,  a mio modestissimo parere, è che nella piattaforma, come si dice in gergo, la  motivazione dello sciopero è fortemente carente senza qualunque riferimento significativo ai mali di fondo della Rai che non sono quelli della riduzione di qualche spazio dell’informazione regionale o dell’importanza dell’informazione sportiva già fortemente carenti.  A prescindere da queste misure prese dalla dirigenza del nuovo vertice Rai, manca una visione della funzione e della responsabilità del servizio pubblico, caratteristica questa che dovrebbe far percepire con evidenza agli italiani la diversità strutturale e di impostazione  rispetto alle TV commerciali che hanno altre logiche e altri compiti.
Invece è sempre più evidente quasi una omologazione della Rai con le altre TV ed è assolutamente strapiena di pubblicità anche l’attività del servizio pubblico rispetto alle televisioni mercantili. Il  nocciolo duro irrisolto della Rai resta  un rapporto subalterno tra la politica e in particolare  governo, partiti e viale Mazzini. Questo è un aspetto della crisi Rai, che in qualche misura ha una storia antica  segnata da sempre nella sua autonomia pur rappresentando, la Rai nel suo complesso , una risorsa importante che andrebbe valorizzata e arricchita di contenuti anche nei confronti dei giovani, e degli anziani .
 *Nuccio Fava,  presidente dell’Associazione Giornalisti Europei, è stato direttore del Tg1 e del Tg3 , responsabile delle Tribune politiche Rai e coordinatore delle trasmissioni Rai sul Giubileo del 2000.

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