UNO SCHIAFFO ALLA STORIA/ Per la Soprintendenza ai beni culturali, lo stadio Giuseppe Meazza di Milano “può essere abbattuto perchè non ha alcun interesse culturale”. L’analisi critica dello storico dello sport su questo insulto all’impianto di San Siro

di RAFFAELE CICCARELLI*/ Premettiamo subito che le parole che accompagneranno questo articolo sono più che altro uno sfogo, l’ennesima, anche inutile battaglia di lance di Don Chisciotte contro i mulini a vento. Eppure uno sfogo necessario perché, vacue o solide, le parole restano, scripta manent, e serviranno sempre per ricordare e rivivere emozioni, rinfocolare passioni sopite. La questione che ci ha lasciato alquanto costernati è stato leggere (Gazzetta dello Sport, 22 maggio 2020) che lo stadio di Milano, “Giuseppe Meazza”, era “abbattibile perché non ci sono interessi culturali sul Meazza”, come da delibera della commissione regionale del giorno prima.

Interessi culturali? Questo mi ha spinto ad andare a rivedere il termine “cultura”, e niente di meglio che consultare la “Treccani”, baluardo del sapere inattaccabile, in cui tra le varie definizioni leggiamo: “L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico e, in breve, sulla consapevolezza di sé e del proprio mondo”. E ancora: “Complesso delle istituzioni sociali, politiche ed economiche, delle attività artistiche, delle manifestazioni spirituali e religiose, che caratterizzano la vita d una determinata società in un dato momento storico”.

Alla luce di tutto questo, come si può affermare che lo stadio di Milano non rappresenta un interesse culturale? Costruito nel 1925 ha subito vari interventi di rimodernamento ma il fascino degli spettacoli che ha ospitato, e ospita, è rimasto intatto. Quattro finali di Coppa Campioni – Champions League; quattro di Coppa Uefa – Europa League; gare dei campionati del mondo del 1934 e del 1990; le feste e gli scudetti di Inter e Milan, la storia infinita del loro derby che divide la città; le gare della Nazionale, quarantaquattro finora, di cui Milano è sede elettiva ancor più della capitale, Roma; i tanti campioni che ne hanno calpestato il prato, ma anche i tanti gregari che hanno contribuito alla realizzazione o mortificazione dei sogni. Può non essere considerata cultura, questa? La gioia e le lacrime che si sono srotolate dalle sue gradinate non rientrano “nel campo delle attività artistiche delle manifestazioni spirituali e religiose, che caratterizzano la vita di una determinata società”?

Conclusioni. Tutto questo potrebbe passare per sentimentalismo, sappiamo invece bene che il calcio moderno ha venduto la sua anima al diavolo per amore dei soldi, e in nome del dio denaro è stato autorizzato l’abbattimento di questo che, per fascino e bellezza, è considerato tra gli stadi più importanti del mondo, è quindi è facile limitare alla sola architettura la mancanza di interesse storico, ma quelle sono pietre che trasudano storia e passione. “Non facciamo tanto gli spiritosi, e non pretendiamo che la gente oggi sia incapace di provare delle passioni, solo perché non ci riusciamo noi”. Sono parole dello scrittore Alberto Arbasino che dovrebbero far riflettere sul fatto che la passione è, di per sé stessa, cultura, e non si possono abbattere le passioni perché, per concludere con Hegel “Nel mondo nulla è stato fatto senza passione”.

*Storico dello Sport

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