Il Dna confermerebbe che il bimbo nato alla professoressa di Prato accusata di violenza sessuale su un minore è dell’allievo quindicenne. Il marito l’aveva riconosciuto come suo

Le analisi del Dna confermerebbero che la paternità del bambino nato a Prato nell’autunno 2018 alla insegnante 35enne (e non quarantenne, come si era appreso in un primo momento), accusata di atti sessuali con minore, andrebbe attribuita all’allievo 15enne che avrebbe avuto con lei una relazione sentimentale. E’ quanto si apprende da fonti vicine all’inchiesta.

Per l’indagine sul Dna la donna ha dato il consenso al prelievo sul figlio venerdì. Nelle indagini coordinate dai pm Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli attribuire la paternità del bimbo è uno degli elementi necessari per definire i rapporti tra la donna e il minore che dalla primavera 2017 la frequentava per prendere ripetizioni di inglese.

La professoressa è arrivata in Procura con il marito (che peraltro ha riconosciuto il bambino come proprio), passando da un’entrata secondaria per rilasciare dichiarazioni spontanee sulla vicenda. L’insegnante è stata sentita circa due ore e mezzo e l’interrogatorio è stato secretato.

 

La famiglia del ragazzo, dopo aver appreso che la paternità del bambino era attribuita al proprio figlio, ha deciso di presentare una denuncia contro la professoressa. Adesso la Squadra Mobile di Prato sta cercando di verificare le circostanze riportate nella denuncia per accertare eventuali responsabilità rispetto all’ipotesi di reato di violenza sessuale su minore. La Procura di Prato, confermando la vicenda, ha chiesto il massimo riserbo per non condizionare l’esito delle indagini.

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