WARRIORS CAMPIONI/ Nba Finals: Golden State strappa il titolo a Cleveland e diventa regina del basket americano. Niente da fare per i Cavs del grande LeBron James

di MARCO VALERIO/ La pressione era tutta su di loro ma questo fatto non li ha fermati. A inizio stagione infatti i Warriors avevano idealmente scritto sulla schiena, “condannati a vincere”. Non poteva essere altrimenti con quel roster fatto di due MVP, 4 All Star e un ammontare di talento. Tanta roba con cui non puoi che chiudere l’anno cestistico dell’Nba abbracciando il Larry O’Brien Trophy. Golden State dunque ce l’ha fatta e battendo 4-1 Cleveland nelle Finals ha messo in bacheca il secondo titolo degli ultimi 3 anni. Una vera e propria rivincita su LeBron James e compagni che lo scorso anno si erano presi il titolo con una storica rimonta. Stavolta la storia stavolta l’hanno fatta i Warriors, esultanti negli spogliatoi dopo una postseason quasi perfetta, chiusa con 16 vittorie su 17. Il sigillo è arrivato col 129-120 di gara-5, con 39 punti di Kevin Durant, MVP delle Finals a 35,2 punti di media, il motivo per cui Golden State, resa irresistibile dal suo arrivo in estate, era condannata a vincere.

Il trionfo di un gruppo pieno di stelle. Durant non ha deluso, è migliorato nel corso dell’anno, ha messo il suo talento al servizio di una squadra con cui si completava alla perfezione. Ma quello dei Warriors è stato il trionfo del gruppo, di una squadra in cui il talento viene dopo i bisogni di squadra, in cui i vari Durant, Steph Curry, Klay Thompson e Draymond Green nutrono a vicenda la propria voglia di migliorare, di diventare irresistibili, e la trasmettono ai compagni. È il trionfo di Andre Iguodala, fondamentale in una gara-5 giocata ai livelli di mvp delle Finals 2015, di Shaun Livingston, di David West (che corona il sogno di prendersi un anello per inseguire il quale ha rinunciato due anni fa a 12 milioni di dollari), di Zaza Pachulia e di tutto il resto di quel supporting cast che più che essere al servizio dei 4 All Star nel roster, ne ha completato il talento, contribuendo a rendere questo gruppo unico, forse irripetibile. È il trionfo di Steve Kerr, al secondo titolo in due anni da head coach, uno degli architetti di questo capolavoro: ha messo da parte i dolori alla schiena che lo tormentano da due anni per riprendersi la squadra da primo allenatore giusto in tempo per gara-2 delle Finals, dopo aver saltato 11 gare di playoff.

Delusione Cavs e LeBron. I Warriors hanno strappato il titolo ai Cavs, i loro avversari nelle Finals negli ultimi 3 anni. Hanno tolto l’anello dal dito di uno straordinario LeBron James, primo giocatore della storia a chiudere una serie per il titolo in tripla doppia di media. All’ottava apparizione alle Finals in 14 anni di carriera ha giocato bene come non mai, ma per i playoff che l’hanno consegnato al mito (superato Michael Jordan al primo posto di sempre per punti nella postseason) avrebbe voluto un finale diverso. Non c’è riuscito perché i Cavs non avevano abbastanza talento per contrastare I Warriors: nemmeno Kyrie Irving, che cresce quando la partita diventa importante, è bastato per dargli una mano. A Cleveland sono mancate le opzioni per contrastare i Warriors, che invece di armi offensive ne avevano fin troppe e le hanno scatenate tutte contro LeBron e compagni. Complimenti a Golden State, protagonisti di un basket stellare.

 

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