TEATRO/ L’economia come non l’avete mai vista alle Carrozzerie Not

 

Trattato di economiadi FEDERICO BETTA

Alle Carrozzerie Not di Roma, atipico spazio che in pochi anni è riuscito a creare un pubblico fedele, è andato in scena Trattato di Economia, spettacolo teatrale di Roberto Castello e Andrea Cosentino (produzione ALDES – in collaborazione con Sardegna Teatro).

Coreografo e ballerino il primo, autore e attore il secondo, hanno unito le forze per dare vita a quello che chiamano “coreocabaret”, una miscela di parola e movimento sempre pronta a spostare i pesi in scena, ma mai troppo distante da un intoccabile equilibrio. Ci sono movimenti della voce e parole danzate, balbettii che sono veri e propri balletti e coreografie che sono espliciti stili di parola.

Castello e Cosentino giocano al parossismo con una analitica disamina della iperpresenza del denaro nelle nostre vite. Dalla differenza di valore tra una paperella di gomma e un giocoso pene di plastica, i due scherzano continuamente con il pubblico, portandolo per un sentiero impervio senza proteggerlo da eventuali scivoloni. Scivolano i due attori in scena, con sproloqui altisonanti che si annodano in bocca, cadono le certezze su cosa sia il denaro e a cosa serva, si montano e smontano gli stereotipi sulla ricchezza e il valore delle nostre vite sempre posto difronte allo specchio del consumo.

Sono intelligenti, ma non si prendono troppo sul serio. E così chiedono di fare al pubblico. Chiedono di seguire un discorso sul potere dei soldi, fatto da artisti che mettono in scena la loro stessa condizione di precari pagati per recitare; si chiedono come sia possibile parlare di qualcosa che tutti usiamo, ma di cui ognuno ha una sorta di soggezione; ci propongono la visione di un mondo denaro-centrico, mostrandoci come in fondo, probabilmente, non ci troviamo che a ruotare su una gustosissima ciambella, con il buco al centro che risucchia tutto.

Questo e molto altro è Trattato di Economia. Uno spettacolo che si immerge nella possibilità stessa di parlare, di poter arrivare alle persone più diverse, di infrangere quell’invisibile muro che separa ogni opera dal suo pubblico. Un lavoro, benché ristretto nei confini confortevoli ma pur sempre limitati delle Carrozzerie Not, che mira a liberare l’urgenza dei due protagonisti, in una danza da pinocchietti che, quasi incomprensibile al primo sguardo, rifila i contorni di questo gioco serissimo, per mostrarne le ombre scure e l’impianto assurdo.

In chiusura, inscatolato in un monitor, il critico teatrale Attilio Scarpellini recensisce il lavoro di Castello e Cosentino, ammettendo di non averlo visto e di essere stato pagato per redigere un commento entusiastico. Ecco la traccia di un gioco senza confini: pone sé stesso davanti a uno specchio che ne moltiplica all’infinito i riflessi, rivelando esplicitamente ciò che si nasconde sempre più.

 

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