Talk show e telegiornali in fotocopia

di Ennio Simeone/

E’ difficile dire se sia sempre più irritante o sempre più  deprimente ascoltare sui canali radio-televisivi italiani la batteria di talk show politici che si dipanano nel corso della giornata con noiosa monotonia sotto la guida (si fa per dire) di conduttrici e conduttori che ripetono, con sconcertante assenza di fantasia, sempre le stesse domande agli stessi ospiti, che si spostano da un «salotto» all’altro per ripetere sempre le stesse risposte e sempre con la stessa aria saccente usata per coprire la banalità delle loro argomentazioni.

Nelle pause provvedono i telegiornali, tutti (con la rara eccezione di quello di Mentana su La7), fedelissimi allo schema fisso così concepito: microfono prima a un rappresentante del governo o della maggioranza, poi, in sequenza, microfono agli esponenti di ciascun partito della opposizione di destra e agli esponenti di ciascun partito del centrosinistra, tutti pronti a recitare una formula di assoluta genericità come bambini delle elementari chiamati in classe a recitare la poesia di Natale.

Quando gli ospiti sono dei giornalisti, la selezione è ancor più monolitica e noiosa: tutti concordi nell’esprimere accorato sconforto per ciò che fa o non fa il governo, senza che nessuno di loro faccia un piccolo sforzo per dire almeno che cosa, invece, dovrebbe fare.

Allo spettatore non resta altra scelta che rifugiarsi in uno sceneggiato o in un documentario, sempre che non abbia di meglio da fare, spegnendo la tv.

Commenta per primo

Lascia un commento