Si è spenta all’età di 59 anni, la giornalista e conduttrice televisiva Silvia Tortora, primogenita di Enzo Tortora, alla stessa età che aveva suo padre, una delle figure di spicco della Televisione Italiana, quando morì, nel 1988, dopo il martirio di una vicenda giudiziaria inventata da un mascalzone che mosse contro di lui accuse di inesistenti rapporti con camorristi napoletani tali da farlo finire in carcere. Tra le tante, dolorose, immagini che raccontano il calvario giudiziario di Enzo Tortora, le manette, l’aula del tribunale, il carcere, ce ne sono alcune che sono, invece, il ritratto della dolcezza e della speranza. Quelle che, dopo la scarcerazione e soprattutto l’assoluzione dalle accuse che gli hanno distrutto la vita, lo vedono sorridente e abbracciato – nella foto a lato – stretto alle sue due figlie Silvia (a sinistra) e Gaia , anche lei giornalista, vicedirettore del tg de La7 . Le chiamava “le mie bambine” nelle lettere inviate dalla cella alla compagna Francesca Scopelliti (come ricorda sull’Ansa Michele Cassano).
Il padre è stato una figura chiave per Silvia Tortora, non solo perché lei ne seguì in qualche modo le orme, dopo aver prima preso le distanze, poi apprezzato il suo modo di fare televisione, ma soprattutto perché combatté fino alla fine, per far sì che il dramma del genitore non fosse avvenuto invano. Da lì l’amarezza, che in più occasioni aveva palesato, per lo stato della giustizia in Italia. “Dal mio punto di vista non è cambiato nulla: sono 30 anni di amarezza e di disgusto – disse Silvia in occasione del 30/o anniversario della morte del padre -. Mi aspettavo una riforma del sistema giudiziario, invece non è accaduto. I processi continuano all’infinito. Anzi in 30 anni c’è stata una esplosione numerica”.
Silvia raccontò la storia del padre scrivendo il soggetto cinematografico del film Un uomo perbene di Maurizio Zaccaro, che le valse nel 1999 il Nastro d’argento al Festival di Taormina. Non gradì, invece, la fiction Rai del 2012 “Il caso Tortora“, parlando di un’operazione che banalizzava la sua vita e non metteva in chiara luce le responsabilità dei magistrati.
Silvia Tortora, nata dal secondo matrimonio del celebre e popolare conduttore televisivo con Miranda Fantacci, ha combattuto, insieme alla sorella minore Gaia, vicedirettrice del TgLa7, per tutta la sua esistenza, vissuta professionalmente per grande parte in Rai, proprio come il padre. A lanciarla fu Giovanni Minoli, con il quale iniziò a collaborare già dal 1985 a Mixer. Un sodalizio destinato a durare nel tempo con la partecipazione venti anni più tardi a La storia siamo noi, nel quale ricostruì avvenimenti centrali della storia italiana, ma soprattutto realizzò ritratti di grandi personaggi della politica, dello spettacolo e dello sport. Un po’ come fece anche nel programma Big, che condusse nel 2009 insieme ad Annalisa Bruchi. In carriera anche una parentesi per la carta stampata con la collaborazione con il settimanale Epoca dal 1988 al 1997.
Silvia Tortora lascia il marito, l’attore Philippe Leroy, sposato nel 1990 e da cui ha avuto due figli, Philippe e Michelle. Con lui, che oggi ha 91 anni, viveva in campagna, mantenendo – scrive ancora Michele Cassano – il riserbo sulla vita privata. Schietta, ma anche schiva, era soprattutto una giornalista curiosa e rigorosa. Così la ricordano sui social tanti amici, colleghi e tutti quelli che l’hanno apprezzata per il suo lavoro e le sue battaglie.
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