Se Draghi, sulle tasse dei ricchi a beneficio dei giovani, sconfessa Enrico Letta (e quindi anche Mario Monti) la sinistra potrà ancora restare a guardare?

di SERGIO SIMEONE* – “Colpisce che con il governo migliore possibile (ndr: quello di Draghi), il segretario di un partito della maggioranza (ndr: Enrico Letta) venga zittito dal premier perché prospetta l’ipotesi di un lieve aumento delle tasse di successione ai più ricchi  per finanziare una dotazione significativa per i giovani, come proposto dal “Forum Diseguaglianze e Diversità”. In questo modo l’Italia rinuncia a combattere le diseguaglianze eccessive, più presenti che in altri Paesi, perché non si sente neppure di pronunciare parole come  tasse di successione o sul patrimonio o progressività (del fisco)”

Ma chi è, direte voi, costui, che, mentre tutti osannano super Mario, osa attaccare da sinistra il suo indirizzo di governo perché non aggredisce le diseguaglianze sociali ed invoca  tasse di successione  più severe per i ricchi, l’introduzione di una tassa patrimoniale, e maggiore progressività nel sistema fiscale italiano? Certamente quell’incorreggibile estremista di. Ed invece no. Quello riportato è un brano tratto dall’intervento di Mario Monti  sull’ultimo numero dell’Espresso.

E questo pronunciamento dell’economista liberale avviene mentre il famoso sondaggista Ilvo Diamanti ci rivela che la stragrande maggioranza degli operai vota per la Lega (avendo come unico competitor Fratelli d’Italia), quel partito che minaccia sfracelli ogni volta che si accenna a parlare di patrimoniale e la cui massima aspirazione in materia fiscale è introdurre la flat tax , con la quale la progressività sarebbe totalmente eliminata dal nostro sistema fiscale.

Ma come è possibile che gli operai e i lavoratori in genere siano arrivati a scegliere di essere rappresentati nelle istituzioni da quelle forze politiche che certamente non fanno i loro interessi? L’unica risposta possibile è che i partiti di destra sono riusciti a vincere la battaglia per la egemonia culturale facendo diventare senso comune la loro visione dei rapporti tra i cittadini e tra i cittadini e lo Stato. La società in questa visione non è una comunità, ma una somma di individui, e lo Stato è una entità che deve rimanere esterna rispetto alla vita dei singoli affinché questi possano raggiungere la felicità. Questa visione si è tradotta in alcune frasi tipiche, che sono diventate dei mantra, come “lo Stato non deve mettere le mani nelle tasche degli italiani”, nelle barzellette di Berlusconi che mettevano in ridicolo il lavoro duro ed intelligente della Guardia di Finanza, nel dileggio del bravo ministro dell’economia Padoa Schioppa, il quale aveva incautamente affermato che pagare le tasse è una cosa bellissima, intendendo dire che chi paga le tasse deve sentirsi orgoglioso di contribuire al benessere e al progresso della propria comunità.

Una volta, a contrastare  l’ideologia della destra, c’era un intellettuale collettivo, il Pci, che elaborava una sua lettura della realtà economica e sociale ed un suo progetto di società e di Stato. Essendo poi anche partito di massa, la diffondeva attraverso le sue articolazioni. Oggi quel tipo di partito non c’è più e sono cambiate anche le forme di comunicazione. E’ assolutamente necessario che la sinistra riesca ad elaborare  un suo progetto credibile e comprensibile di società e di Stato e ad aggiornare i suoi strumenti di comunicazione se vuole impedire alla destra di conquistare il governo alle prossime elezioni politiche.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Fllosofia, è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil

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