“RUSSIAGATE”: un palcoscenico per il signor “Duepercento”

di ENNIO SIMEONE –

Il signor Duepercento, al secolo Renzi Matteo – stipendiato dallo Stato Italiano nella qualità di senatore della Repubblica, ma contemporaneamente pagato lautamente anche dall’Arabia Saudita per una consulenza della quale non si conoscono le esatte mansioni, e da una società operante in Russia – insiste nel sollevare  oscure insinuazioni contro l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte (attualmente leader del M5s) – in riferimento alle forniture sanitarie anti-coronavirus mandate in regalo all’Italia dal governo russo due anni fa. In ciò il suddetto personaggio ottiene l’amplificazione del suo dimenarsi grazie all’ospitalità e all’inspiegabile fiancheggiamento dei due quotidiani gestiti dal gruppo Fiat (Repubblica e Stampa) e di una esagitata conduttrice di un talkshow serale de La7.  Costoro hanno dato al loro dimenarsi investigativo  il titolo intrigante di “Russiagate”.

L’argomento a cui si appigliano i giornalisti incaricati dell’operazione riguarda il sospetto (non si sa ancora su quale indizio fondato) che i militari russi che oltre due anni fa accompagnarono i 30 medici inviati da Mosca in Italia con quei materiali sanitari anti-coronavirus avrebbero avuto contatti con i servizi segreti italiani per tentare di carpire informazioni non si sa bene su che cosa e persino per tramare sulle elezioni americane da cui derivarono la bocciatura di Trump e la elezione di Biden.

Tutti tentativi (ipotetici) che non ebbero alcun esito sia perché i responsabili dei servizi segreti italiani non consentirono ai militari russi di accedere a luoghi e documenti ove potessero essere messi a rischio dati  riservati, sia perché gli ospiti non chiesero di accedervi.

Quindi il problema – sollevato per primo da un giornalista della Stampa che occulta la sua segreta attività investigativa dietro una abbondante capigliatura a forma di pagliaio e già noto per i suoi scoop finiti in burletta – in realtà non sussiste. Tant’è che il Copasir non intende né riaprire i dossier sull’inesistente Russiagate,  né tornare ad ascoltare i due ex premier, Giuseppe Conte e Matteo Renzi.

Niente da fare, nonostante che Conte abbia anche lui chiesto di essere ascoltato. E allora Renzi ha sguinzagliato di nuovo il suo Duepercento. Ma l’ufficio di presidenza dei Servizi segreti ha respinto la richiesta: “Non vi sono elementi di novità tali da richiedere ulteriori approfondimenti”, ha affermato il presidente Adolfo Urso, che, come si sa, è anche parlamentare del centrodestra.

Comunque Conte ha ribadito:Renzi vada al Copasir, faccia quello che vuole, vada nelle tv a parlare. Non mi interessa.  La vicenda Barr non mi preoccupa e perché dovrebbe? Quando si agisce in piena coscienza, con chiarezza, assolvendo ai propri compiti la massima dedizione perché dovrei essere preoccupato” . E smentisce l’esistenza della “cena segreta” che si sarebbe tenuta a Roma nel 2019 tra l’allora capo dei servizi italiani Gennaro Vecchione e il segretario americano alla Giustizia di Donald Trump, Bill Barr.

Ho letto la dichiarazione di Vecchione: è stata una cena conviviale con delegazioni in un noto ristorante, non hanno parlato di informazioni riservate e confidenziali, quindi non mi sembra ci sia molto da speculare” taglia corto il presidente del M5s che ribadisce: “Non sono stato né disinvolto né disattento. E soprattutto le informazioni chieste dagli Usa non riguardavano autorità italiane“.

Ma Renzi non molla la presa visto che,… secondo le ricostruzioni del quotidiano, l’obiettivo della missione statunitense doveva essere proprio lui.

Insomma, pur di essere citato dai giornali e di avere visibilità sui teleschermi, il capo di “Italia Viva” non si ferma nemmeno davanti al rischio del ridicolo.

Commenta per primo

Lascia un commento