Raccolte le firme per il referendum sul taglio dei parlamentari. Ecco tutte le ipotesi su ciò che potrà accadere adesso

L’Aula della Camera durante la votazione dell’8 ottobre 21019 sulla legge che fissa il taglio dei parlamentari (foto Ansa di Allesanndro Di Meo)

di ROMANO LUSI – Sono state raggiunte le 64 firme di senatori necessarie per chiedere che venga indetto un referendum per confermare o cancellare la legge –  voluta dal M5s e approvata in ultima lettura l’8 ottobre dalla Camera  con 553 voti a favore, 14 contrari e 2  astenuti – che  taglia il numero dei parlamentari, portando i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. Di conseguenza, dopo la verifica della Corte Costituzionale, sarà indetto il referendum, con cui gli italiani saranno chiamati a confermare il taglio o a negarlo.

Quindi adesso, in teoria, se arriverà il via libera dell’Alta Corte, si potrebbe svolgere il referendum nella tarda primavera 2020 (a maggio-giugno). Se vinceranno i sì al taglio del numero dei parlamentari, alle prossime elezioni verrebbero eletti un terzo in meno degli attuali deputati e senatori. Ma, ovviamente, se prima di quella data il governo cadesse per un voto di sfiducia in parlamento, si andrebbe a votare con la vecchia legge elettorale e quindi si dovrebbero eleggere lo stesso numero di senatori e deputati attuali: complessivamente 945. E il referendum verrebbe rinviato a data da destinarsi, anzi potrebbe essere addirittura cancellato o rinviato alla legislatura successiva.

Quindi, in tal caso, le forze politiche contrarie al taglio del numero dei parlamentari sarebbero interessate a far cadere subito il governo per poter avere la possibilità di eleggere il maggior numero di deputati e senatori. In teoria lo stesso interesse potrebbero i parlamentari attualmente in carica, avendo maggiori speranze in una rielezione; ma potrebbe essere vero anche il contrario: meglio non lasciare il certo per l’incerto, cioè meglio conservare fino al 2023 il seggio conquistato nel 2018, piuttosto che sperare in una ricandidatura e in una successiva rielezione che al massimo durerebbe fino al 2025.

Inoltre, l’esito del referendum dovrebbe essere seguito dal cambiamento della legge elettorale da adeguare – compreso il ridisegno dei collegi – al mutato numero delle persone eleggere.

Intanto il senatore Tommaso Nannicini (Pd), particolarmente attivo nella raccolta delle firme per la richiesta di referendum, fa notare che «adesso l’ultima parola spetterà ai cittadini e i mesi in più che abbiamo davanti saranno utili per capire se arriveranno una buona legge elettorale e quei correttivi costituzionali che la maggioranza si è impegnata a introdurre. Dobbiamo, cioè, dare un senso a un taglio lineare della rappresentanza politica, che al momento un senso non ce l’ha. E sarà anche uno stimolo positivo perché la maggioranza possa rafforzare la propria coesione nel 2020 rilanciando un programma di legislatura».

Sull’argomento il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a chi gli chiede se il referendum sul taglio dei parlamentari influenzi l’agenda di governo risponde: «Abbiamo tante cose da fare, abbiamo un’agenda fitta, io giorno dopo giorno lavoro sui problemi del Paese. Le questioni istituzionali non influenzano e non possono influenzare l’agenda di governo».

Per il leader della Lega, Matteo Salvini, il referendum è la scelta migliore. “Sono d’accordo sui referendum in generale, ho votato quella riforma, ho letto poco fa che sono state raggiunte le firme sufficienti di parlamentari per indire quel referendum. Quando i cittadini confermano o smentiscono una riforma approvata dal Parlamento secondo me è sempre la scelta migliore”, ha detto Salvini.

Intanto l’attenzione si sposta sulle ipotesi di modifiche della legge elettorale qualora il referendum si svolgesse nei tempi ipotizzati e qualora il taglio del numero dei parlamentari ottenesse il consenso popolare. Ma questo è tutto un altro capitolo, che potrebbe (anzi dovrebbe) essere aperto anche nel caso in cui il referendum bocciasse il taglio dei parlamentari.

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