Quell’intervista a Giuseppe Conte sul “Giornale” di Berlusconi

di ENNIO SIMEONE – A sorpresa, “Il Giornale”, diretto da Alessandro Sallusti e edito da Silvio Berlusconi, ha deciso di ospitare oggi una lunga intervista al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Già questa è una novità rilevante, ma c’è di più: sia il tono e il contenuto sia delle domande rivolte al capo del governo M5s-Pd-LeU-Italia Viva dal direttore e dal giornalista Adalberto Signore, sia delle risposte, molto articolate, sono formulate con tono pacato, con spirito costruttivo e persino rispettoso, e puntate ad una analisi approfondita  della situazione del paese, dei rapporti con l’Europa, delle difficoltà da affrontare, del metodo da seguire per affrontare la situazione drammatica venutasi a creare in conseguenza della epidemia di coronavirus.

C’è chi ha ritenuto di vedere in questo normale evento giornalistico segnali di vario genere: un “messaggio di pace” di Berlusconi verso il governo Conte, un passo del Cavaliere verso una presa di distanza da Salvini e dalla Meloni, ma anche una mossa del “premier” per ottenere una sostegno di Forza Italia in Parlamento in grado di bilanciare i frequenti dissidi interni alla maggioranza. Cosa, quest’ultima, alla quale sembra alludere il vistoso e ambiguo titolo dato da Sallusti a questa intervista su tutta la prima pagina: “Conte, io non mollo”, che, con la sua polivalenza, potrebbe adattarsi a molti dei passaggi di quella intervista.

Sta di fatto che, a prescindere dalle varie arzigogolate “analisi”, Conte rivela, ancora una volta in questa occasione, una capacità dialettica, un equilibrio e una sicurezza nel tenere il timone del governo da far sbiadire sempre più l’accusa di “dilettantismo” che molti commentatori ed esponenti politici gli avevano appioppato quando apparve sulla scena politica. Sono doti che spiegano anche perché ha conquistato l’apprezzamento, la stima e il rispetto che gli vengono riconosciuti sempre più nei rapporti internazionali.

L’INTERVISTA

Comunque per mettere anche i nostri lettori in condizione di valutare se e quanto  è condivisibile ciò che affermiamo, riportiamo di seguito ampi stralci della intervista pubblicata dal “Giornale”.

D. – Presidente, giovedì si terrà un Consiglio Ue decisivo per le sorti dell’Europa. Si sente ottimista rispetto alla possibilità di superare le resistenze dei Paesi del Nord (Germania, Olanda e Austria in testa) e trovare un’intesa accettabile su Mes e Recovery fund? In caso di mancato accordo, sta considerando la possibilità di esercitare il diritto di veto dell’Italia?

R. – «Il negoziato si annuncia molto difficile, ma resto fiducioso. Nel corso degli scambi che ho avuto con gli altri leader europei sono stato chiaro: solo grazie a un ambizioso Fondo per la ripresa, con emissione di titoli comuni, riusciremo ad affrontare l’attuale, difficile situazione. Sul resto delle misure ci continueremo a confrontare fino al Consiglio europeo del 23 aprile».

D. – A proposito di Mes, a prescindere da come finirà, non teme che una frattura come quella delle ultime settimane tra M5s e Pd con Di Maio sulle stesse posizioni di Salvini e Meloni possa avere comunque degli strascichi in futuro? Può una maggioranza essere spaccata su un tema tanto centrale, soprattutto in un momento simile?

R. – «Il governo e la maggioranza che lo sostiene sono compatti nel chiedere all’Europa di liberare la sua forza economica come fanno Cina e Stati Uniti, di mettere sul tavolo meccanismi nuovi per una condivisione e una risposta comune all’emergenza economica in atto. Non abbiamo da affrontare un semplice compitino di matematica o una questione meramente contabile».

D. – Cosa intende?

«Dobbiamo confrontarci con una vera e propria prova di maturità per la nostra Unione. Bisogna dare tutto. Quello sul Mes è un dibattito che rimane al momento molto astratto. È un meccanismo che rimane affidato a un accordo intergovernativo che, all’origine, prevede finanziamenti con condizionalità molto severe anche di ordine macro-economico. Nasce per rimediare a crisi e tensioni finanziarie di singoli Paesi. È la ragione per cui l’ho giudicato inadeguato e insufficiente ad affrontare questa sfida epocale. Dal confronto europeo può però venire fuori qualcosa di molto diverso dal Mes attuale ed è anche questa la ragione per cui appoggiamo la battaglia di altri Paesi che, come la Spagna, hanno chiesto da subito di cambiarlo e di volerlo utilizzare. Valuteremo i dettagli di questa nuova linea di finanziamento al momento opportuno e sceglieremo la strada migliore per i nostri interessi nazionali, con una discussione trasparente in Parlamento».

D. – Lei ha gestito l’emergenza in prima persona e mettendoci la faccia, al punto di essere accusato di volere fare l’uomo solo al comando. Sabino Cassese, esimio giurista e giudice emerito della Consulta, è stato molto critico, arrivando a dire che «una pandemia non legittima i pieni poteri al governo» oltre a criticare nel merito i vari Dpcm («norme scritte male, contraddittorie, incomprensibili»).

R. – «Rispetto tutte le opinioni giuridiche. Io stesso provengo dal mondo accademico dei giuristi e nei rarissimi ritagli di tempo cerco di seguire l’ampio dibattito scientifico che sta sollevando questa emergenza, ad un tempo, sanitaria, economica e sociale. Esiste purtroppo una differenza tra la perfezione delle disquisizioni teoriche e la perfettibilità delle applicazioni pratiche. Il professore Cassese è il primo a conoscere bene questo divario avendo rivestito in passato incarichi di governo ed essendosi impegnato a fondo – anche attraverso il contributo di tantissimi suoi allievi dislocati in posizioni chiave per riformare la pubblica amministrazione e rendere più rapidi e trasparenti i vari procedimenti amministrativi. Eppure ancora oggi la burocrazia compromette l’efficienza della pubblica amministrazione e costituisce un freno alla crescita economica e sociale del Paese. Gli atti di questo governo sono sicuramente perfettibili, ma la pandemia ci ha costretti all’urgenza dell’azione, perché in gioco c’era l’assoluta necessità di salvare vite umane. Ma pure nei momenti più critici, nessuno, a iniziare dal sottoscritto, ha mai perso di vista l’importanza del bilanciamento degli interessi in gioco e l’equilibrio dei poteri ripartito tra gli organi costituzionali che rappresentano garanzie irrinunciabili».

D. – Al di là delle valutazioni tecniche, politicamente non teme che il suo approccio possa avere compromesso i rapporti con le opposizioni? Non pensa che dipenda anche da lei il fatto che l’invito di Mattarella al dialogo e alla coesione sia caduto nel vuoto?

R. – «Il mio approccio è sempre stato trasparente e corretto con tutti. Il governo ha sinceramente aperto al confronto con le opposizioni e questo confronto rimane aperto anche adesso, confidando che ci sia la effettiva disponibilità delle opposizioni di raccogliere questo invito e di offrire il proprio contributo al Paese impegnato in questa difficilissima prova. Capisco che per una forza di opposizione questa sfida al confronto non sia semplice, ma esso può dare frutti utili nel comune interesse se si ha il coraggio di mettere da parte ambiguità e rinunciando ad alimentare il malcontento sociale. Quanto a me, non mi impressionano neppure gli insulti. Intervengo solo quando, come è successo da ultimo, vedo che alcuni esponenti delle opposizioni lanciano una campagna di false accuse che rischia di dividere l’Italia tra opposte tifoserie, danneggiando pericolosamente la credibilità del nostro Paese in Europa in una fase così drammatica. Il presidente Mattarella, nella sua saggezza, ha invitato tutti ad orientare il dialogo verso la coesione e la solidarietà nazionale, mettendo da parte in questa fase lo scontro politico. Continuerò, da parte mia, a offrire la massima disponibilità per confrontarmi su tutti i temi e su tutte le misure concrete, privilegiando le migliori strategie per risollevare il nostro Paese».

D. – Pensa sia possibile riallacciare il filo del dialogo almeno con una parte dell’opposizione?

R. – «Io sono sempre aperto al dialogo con tutti. Ho apprezzato l’atteggiamento costruttivo e responsabile di Forza Italia, tanto nell’emergenza coronavirus quanto nei rapporti con l’Europa. All’interno della Lega e di Fratelli d’Italia mi sembra non vi siano univoche visioni sugli atteggiamenti da tenere in questa fase. Attendiamo le posizioni definitive e i comportamenti conseguenti. A conferma della varietà di posizioni che questa emergenza sollecita, devo riconoscere che il vostro giornale – e soprattutto il suo direttore Sallusti – sta dimostrando di sapere distinguere quello che è un atteggiamento legittimamente critico da quello che è invece un approccio aprioristicamente prevenuto nei confronti delle misure del governo. E lo affermo nella consapevolezza che abbiamo quasi sempre opinioni divergenti».

D. – Sulla «fase 2» c’è incertezza e confusione. Molte regioni del Nord (Lombardia, Piemonte, Veneto, ma anche la Sicilia) chiedono di ripartire dal 4 maggio. Qual è la posizione del governo? Sono ipotizzabili aperture «autonome» o per territorio?

R. – «In questi giorni circolano numerose ipotesi, auspici e proposte con tanto di date, anche da parte di alcune Regioni, sulle possibili riaperture nel Paese. Proprio oggi pomeriggio (ieri, ndr) abbiamo avuto un confronto tra il governo e due delegazioni, una del comitato tecnico-scientifico, che già da tempo ci coadiuva, e una del comitato socio-economico. Stiamo lavorando su alcune proposte di allentamento delle misure, in modo da poter convivere con il virus nei prossimi mesi in condizioni di massima sicurezza, tenendo sotto controllo la curva epidemiologica e le condizioni di stress del sistema sanitario e ospedaliero locale. Tutte le notizie che filtrano, le ipotesi che si fanno in questi giorni sono prive di fondamento. Nei prossimi giorni saremo in condizione di offrire a tutti gli italiani un piano chiaro e, quindi, informazioni certe. Prima di questo momento faccio un appello, anche agli organi di informazione, affinché ci sia un atteggiamento di massima collaborazione e responsabilità da parte di tutti, in modo da evitare incertezze e confusione nei cittadini».

D. – Che idea si è fatto di quanto accaduto in Lombardia? Pensa che la gestione delle Rsa abbia avuto un ruolo determinante? Pensa di andare di persona in Lombardia nei prossimi giorni come segno di vicinanza del governo?

R. – «La Lombardia si è sicuramente trovata ad affrontare il fronte più caldo di questa battaglia. Credo che ogni discussione a proposito delle responsabilità andrà affrontato a tempo debito, nessuno si sottrarrà alle proprie. Adesso, però, la cosa importante è stare al fianco di chi ogni giorno combatte in corsia. Finora, purtroppo, ho potuto manifestare il mio sostegno e quello dell’intero governo solamente a distanza, con colloqui telefonici e videoconferenze anche con vari sindaci e responsabili sanitari. Ma non vedo l’ora di avere l’occasione di farlo di persona».

D. – L’incertezza è anche su chi fa cosa in questa pletora di task force: compresa quella di Colao, sono almeno sei le commissioni di consulenti ed esperti attualmente operative. Non c’è il rischio che il moltiplicarsi degli esperti possa generare confusione oltre che deresponsabilizzare chi dovrebbe decidere?

R. – «In un momento così delicato per il Paese abbiamo scelto la collaborazione di esperti capaci di programmare le migliori strategie per la ripartenza, tanto ad esempio negli ambienti di lavoro quanto nei trasporti pubblici. A parte alcuni gruppi di lavoro settoriali che rientrano nelle competenze dei vari dicasteri, sono due i comitati di esperti che stanno coadiuvando la nostra azione di governo: il comitato tecnico-scientifico, che sin dall’inizio elabora raccomandazioni soprattutto sul fronte sanitario e il comitato di esperti, coordinato da Colao, che sta preparando proposte per gestire al meglio la ripresa delle attività economiche e sociali. Non stiamo percorrendo la via dell’incertezza, l’unione di più competenze sta generando importanti risultati, fondamentali per delineare i prossimi scenari e dare le risposte necessarie, nella trasparenza e nell’assunzione da parte del governo della piena responsabilità politica».

D. – A proposito di Colao si è scritto e letto molto. Facciamo chiarezza: l’ha nominato lei o le è stato suggerito da Mattarella? Sarebbe pronto ad affidargli una responsabilità ministeriale?

R. – «Vittorio Colao è un manager esperto che tutto il mondo ci invidia e la scelta di affidare a lui la guida della task force è stata condivisa da tutta la maggioranza. Per correttezza istituzionale ho informato anche il presidente della Repubblica, come faccio sempre per i passaggi più delicati che il Paese sta attraversando. Il compito del comitato è quello di elaborare analisi e proposte utili per la ripresa graduale dell’attività economica e di suggerire nuovi modelli organizzativi e relazionali che tengano conto di questa emergenza. Ma la valutazione delle analisi dei comitati tecnici di cui ci avvaliamo, la loro sintesi e le decisioni politiche spettano sempre al governo. Conoscendo Colao non credo che la sua aspirazione sia far parte della squadra di governo, per cui un allargamento della squadra ministeriale non è all’orizzonte».

D. – In una fase critica come quella che stiamo vivendo e, soprattutto, quella che vivremo nei prossimi mesi, non pensa possa essere una buona idea coinvolgere in qualunque forma una personalità come Mario Draghi, certamente l’italiano con più autorevolezza nel mondo?

R. – «Draghi è persona di grande autorevolezza e di elevata professionalità. Se il riserbo dei nostri rapporti personali non mi facesse velo, io stesso potrei rivelare un episodio che testimonia la grandissima stima che ho per lui. Ma proprio per questo non è persona che si lascia tirare per la giacchetta in polemiche che nascono in modo palesemente strumentale e sono frutto di manovre politiche estemporanee».

D. – Guardando l’Italia in una prospettiva di medio periodo non pensa che per una ricostruzione come quella a cui dovremo andare incontro possa essere più efficace l’azione di un governo per così dire di «unità nazionale», il più ampio e condiviso possibile, piuttosto che un esecutivo in cui Pd e M5s sono sempre più distanti e conflittuali?

R. – «Ormai ho alle spalle una discreta esperienza di governo. Quel che davvero serve al Paese è avere un governo sostenuto da forze che maturino la piena convinzione che l’opera di ricostruzione sarà tanto più efficace se tutti lavoreremo nella medesima direzione, con forte coesione e lungimiranza. Questo compito deve spettare alla politica, intesa con la P maiuscola, non può essere affidato a governi tecnici, sul presupposto che le forze politiche non siano disponibili ad assumersi la responsabilità delle scelte, anche molto difficili, che il Paese è chiamato a compiere. Io sono sempre per un governo politico che ci mette la faccia e dovrà risponderne agli elettori. Quanto ai governi di unità nazionale, sono formule astratte, molto improbabili da perseguire in concreto. Basti considerare le divisioni che si sono manifestate evidenti anche nella fase più acuta dell’emergenza. In realtà, questo governo sta operando con coraggio e determinazione.

D. – In verità, soprattutto sul fronte degli interventi economici per affrontare l’emergenza, ci sono state molte critiche e non solo dall’opposizione.

R. – «In appena un mese abbiamo liberato circa 750 miliardi di euro a vantaggio delle imprese e del tessuto economico, messo in campo 50 miliardi di denaro fresco per il sistema sanitario, la macchina dell’emergenza e i lavoratori. Questa settimana sono iniziati ad arrivati i bonus sul conto corrente di tanti cittadini, nei prossimi giorni rafforzeremo il sostegno a famiglie, lavoratori e imprese con un’altra poderosa sterzata economica. Le forze di maggioranza, lavorando insieme, hanno messo in campo queste e varie altre misure. Ascoltando anche l’opposizione. All’estero sono molti che ci fanno i complimenti. Se questo governo non fosse forte e determinato, sarei il primo a sollecitare una nuova soluzione per non compromettere la realizzazione del bene comune, tanto più in questa difficilissima sfida».

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