Ricordate le immagini del 2016 dell’imprenditore bresciano Alessandro Sandrini (foto) sequestrato dai terroristi in Turchia e tenuto sotto la minaccia delle armi da due ceffi di Al Qaeda e poi liberato dopo tre anni di prigionia nel 2019? Tutto falso. Fu una truffa messa in atto, con la complicità della vittima, da una banda di tre persone finite in carcere ora su richiesta della Procura di Roma.
Secondo quanto accertato da Ros e Sco, i tre proposero all’italiano di simulare un sequestro di persona in cambio di denaro, ma, una volta giunto in Turchia, come richiesto dalla banda, Sandrini fu “venduto” ad un gruppo vicino ad Al Qaeda e trasferito in Siria, dove rimase dal 2016 al 2019, quando finalmente fu liberato.
Ora la banda è accusata di sequestro di persona per scopo di terrorismo, mentre a Sandrini è contestata la simulazione di reato e truffa.
Nel procedimento, coordinato dal procuratore Michele Prestipino e dal sostituto Sergio Colaiocco, si cita anche il caso di Sergio Zanotti, anch’egli imprenditore bresciano sequestrato, che però non risulta indagato.
Dei due italiani si persero le tracce nel 2016 e furono liberati nella primavera del 2019 a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro. Secondo il capo di imputazione, i tre arrestati, gli albanesi Fredi Frrokaj, Olsi Mitraj e l’italiano Alberto Zannini, “in concorso tra loro e con altri soggetti rimasti ignoti operanti in Italia, Turchia e Siria, questi ultimi aderenti e comunque riconducibili alla galassia jihadista” hanno proposto agli italiani di recarsi in Turchia, “al fine di simulare un sequestro di persona” nel caso di Sandrini, ma, giunti lì, “sono stati effettivamente privati della libertà personale” e condotti contro la loro volontà in Siria, dove venivano consegnati ad appartenenti del Turkestan Islamic Part, gruppo che si richiama ad Al Qaeda.
Alla notizia dell’indagine della Procura di Roma a carico di suo figlio e all’arresto di tre persone accusate di aver organizzato finti sequestri all’estero, tra cui quelli dei bresciani Sergio Zanotti e Alessandro Sandrini, il padre di quest’ultimo, Gianfranco Sandrini, dice all’ANSA: “È una situazione imbarazzante. Non credo che mio figlio possa aver fatto una cosa del genere. Io comunque non ho preso un solo euro“.
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