PUNTI DI VISTA/ La svolta che consiste in un aggettivo

di Sergio Simeone

Il passaggio del movimento dei 5 stelle dalla leadership di Grillo a quella di Di Maio  può essere sinteticamente descritto con il cambiamento di un aggettivo: non più movimento populista, ma movimento opportunista. Ci spieghiamo meglio: nella fase “grillina” il movimento si è lasciato trasportare soprattutto dall’onda dei sondaggi.  Ma quest’onda, se cavalcata fino in fondo con assoluta coerenza, avrebbe portato il movimento a sbattere  contro una serie di ostacoli, come  lo sforamento del limite al deficit imposto dall’UE, la reazione dei mercati finanziari e del mondo imprenditoriale, l’inserimento  dell’Italia nel sistema monetario euro e  quello nel Patto atlantico. Ed allora Di Maio, che non vuole un movimento biodegradabile come Grillo, ma  vuole con tutte le sue forze andare al governo, intraprende, prima delle elezioni, un lungo pellegrinaggio, nel corso del quale va  a rassicurare uno per uno tutti quei soggetti che se male informati sul vero carattere della “intransigenza” grillina, potrebbero  avere una reazione negativa ad una vittoria elettorale dei 5 stelle.

E così Di Maio,  divenuto leader di un movimento antisistema, diventa  europeista, filo atlantico, rispettoso delle regole poste a difesa dell’euro, attento a non inimicarsi la Confindustria e a non allarmare i mercati finanziari. Diventa, insomma, come si diceva una volta, il miglior cane da guardia del sistema. Non che non fosse un opportunista anche prima, perché anche farsi veicolo acriticamente degli umori della gente è una forma di opportunismo. La differenza  è che è passato da un opportunismo a 180 gradi ad un opportunismo a 360 gradi.

Questa estrema “ duttilità” del movimento viene giustificata con l’affermazione che il movimento dei 5 stelle non è né di destra né di sinistra. No, la ragione di questa” duttilità” è una sola e si chiama assenza di valori. Si guardi,  per capire cosa intendo dire,  il comportamento della Merkel dopo le ultime elezioni. La Merkel  è leader di un partito conservatore ed ha fatto un primo tentativo di alleanza con il partito liberale, altro partito conservatore. Doveva essere un idillio tra conservatori, ed invece no. Quando i liberali hanno tentato di dare al nuovo governo una impronta  xenofoba la Merkel si è ritratta con orrore ed ha preferito pagare un prezzo molto alto pur di formare un governo con i socialdemocratici. Perché? Perché tra i valori cristiani e quelli socialisti ci può essere accordo. Tra valori cristiani e sentimenti xenofobi invece no.

La prova regina di questa mancanza di valori Di Maio l’ha data dando al professor Giacinto Della Cananea l’incarico di elaborare due programmi di governo, uno armonizzando le proposte elettorali  dei 5 stelle con quelle della Lega ed un altro armonizzando le proposte dei 5 stelle con quelle del Pd. Ma come si fa ad essere disponibili, indifferentemente,  ad un alleanza con un seguace delle democrazie illiberali di Orban e di Putin e coccolato dalla neofascista Marine Le Pen oppure con un Partito, che ha comunque nel suo DNA l’antifascismo? Solo chi è totalmente privo di valori può avere un simile atteggiamento.

In queste ore si continua a lavorare per superare gli ostacoli che impediscono di formare un governo Cinquestelle-Lega e solo a sprazzi si lascia intravedere la possibilità di un dialogo con la sinistra, ma, attenzione,  solo in caso di fallimento del primo tentativo. Ma possono dei partiti politici, che hanno come valore fondante l’antifascismo accettare di rappresentare la soluzione di ripiego rispetto ad una alleanza con un movimento parafascista come la Lega?

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