Pronto anche il vaccino anti-coronavirus prodotto da AstraZeneca e Irbm di Pomezia a Oxford: si può conservarlo in un normale frigorifero

Nella corsa alla realizzazione dei vaccini anti-coronavirus anche quello prodotto ad Oxford dalla casa farmaceutica AstraZeneca e dall’italiana Irbm di Pomezia (Roma) si candida ad occupare importanti spazi di mercato. Oggi è stato annunciato che la sua efficacia è pari al 90% con il regime ottimale di somministrazione, che prevede l’inoculazione di mezza dose ed un richiamo con una dose completa dopo un mese.

Rimane confermata anche la massima tolleranza per gli anziani, il costo di 2.80 euro per dose completa e la facilità nella somministrazione data dalla logistica, visto che il vaccino può essere conservato in un normale frigorifero.

Ce l’abbiamo fatta, il vaccino di Oxford/AZ ha dato protezione fino al 90%, ad una frazione del costo degli altri! Dopo un anno di sacrifici lontano da casa, sono frastornato, ancora non so come mi sento. Tanta ammirazione per colleghi e senior scientists”,  scrive su Twitter Giacomo Gorini, immunologo del team dello Jenner Institute dell’Università di Oxford, commentando i risultati del candidato vaccino anti-Covid sviluppato dall’università inglese in collaborazione con AstraZeneca e Irbm Pomezia.

“Oggi finalmente – aggiunge Gorini – scrivo quello che tanto durante quest’anno speravo che avrei scritto. I sacrifici dei miei colleghi hanno dato frutto e il vaccino di Oxford ha dimostrato efficacia. Avere dato un contributo ed essere stato presente in questa impresa è un onore indescrivibile”.

I primi risultati dei test clinici avanzati per il vaccino anti Covid messo a punto da AstraZeneca-Università di Oxford – riferisce l’Agi – danno un’efficacia compresa fra il 62 e il 90 per cento, con una media pari al 70%. Percentuale che diventa del 90%, come precisato dall’azienda, con una somministrazione ottimale.

I test clinici sono stati condotti nel Regno Unito e in Brasile, e “non si sono segnalate ospedalizzazioni o casi gravi della malattia” fra i volontari che hanno ricevuto il vaccino, si legge nella nota di AstraZeneca. Il vaccino è risultato efficace al 90% quando è stato somministrato a partire da mezza dose, poi completata da una dose completa almeno un mese dopo; mentre un altro regime di dosaggio (2 dosi complete a distanza di un mese) ha avuto un’efficacia del 62%.

L’analisi combinata dei due tipi di dosaggio porta a un’efficacia media del 70%, spiega ancora il gruppo farmaceutico. Ora le indagini proseguono per accumulare dati e stabilire la durata della protezione. La protezione si verifica a partire da 14 giorni dopo la somministrazione della seconda dose e non si sono verificati gravi problemi: in entrambe le formulazioni, il vaccino è stato ben tollerato.

Secondo il responsabile dei test per l’Università di Oxford, professor Andrew Pollard, “questi risultati dimostrano che abbiamo un vaccino efficace che salverà molte vite“.

Ora AstraZeneca preparerà i documenti e i dati per chiedere le autorizzazioni “in tutto il mondo alle autorità che hanno un quadro di riferimento per l’approvazione condizionale o anticipata”. L’azienda chiederà inoltre all’Organizzazione Mondiale della Sanità l’elenco delle possibilità di approvarlo per “usi di emergenza” per ottenere un percorso accelerato verso la disponibilità di vaccini nei paesi a basso reddito.

AstraZeneca sta lavorando per ottenere una capacità di produzione fino a 3 miliardi di dosi di vaccino nel 2021a rotazione, se rotativa, in attesa dell’approvazione normativa. Il vaccino, si legge ancora nella nota della società, può essere conservato, trasportato e manipolato in normali condizioni di refrigerazione (2-8 gradi Celsius/3646 gradi Fahrenheit) per almeno sei mesi e somministrato all’interno delle strutture sanitarie esistenti.

I volontari che hanno partecipato alla campagna di test clinici sono oltre 23 mila, dai 18 anni in su provenienti da diversi gruppi razziali e geografici sani o in condizioni mediche di base stabili. Sono in corso studi anche negli Stati Uniti, Giappone, Russia, Sudafrica, Kenya e America latina, e ne sono stati pianificati ulteriori in altri Paesi europei e asiatici. In tutto, la società prevede di fare test globalmente su 60mila volontari.

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