di SERGIO SIMEONE* – Bene ha fatto Giuseppe Conte a volare a Bruxelles subito dopo aver ricevuto la fiducia dalle Camere per porre sul tavolo della Presidente della Commissione europea la questione dei migranti. Tutti quelli che in Europa temono l’infezione sovranista, ha detto il premier italiano, hanno fatto la ola al nuovo governo italiano che ha messo alla porta Salvini. Ma Salvini, è notorio, si è ingrassato speculando sul dramma dei migranti. Per il momento è fuori gioco, ma sappiamo che sta aspettando che approdi in un porto italiano la prima nave ONG carica di migranti per riprendere la sua becera campagna xenofoba e sovranista. Per bloccarlo è indispensabile che l’Europa assuma il problema migranti come problema di tutta l’Unione e non dei soli Paesi rivieraschi del Mediterraneo. Occorre uscire dalla politica emergenziale, fatta di estenuanti contrattazioni tra stati ad ogni arrivo, che infliggono ingiuste sofferenze ad esseri umani già provati da mille traversie. Si stabiliscano regole di equa distribuzione dei migranti e, soprattutto, si rendano cogenti tali regole, prevedendo sanzioni economiche per gli Stati che non le dovessero rispettare. Si modifichi infine il regolamento di Dublino (che obbliga il paese di approdo di una nave soccorritrice – e il più prossimo rispetto alla costa libica è l’Italia – ad accogliere i profughi raccolti in mare).
La presidente dela Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha nicchiato parecchio davanti alle richieste di Conte e si capisce perché. Assecondarle significa sconfessare, ad un solo anno di distanza, le conclusioni del Consiglio europeo, che stabilì che la ridistribuzione dei profughi tra Stati possa avvenire solo su base volontaria e che il regolamento di Dublino, causa primaria dell’attuale situazione, possa essere modificato solo con il consenso unanime degli Stati membri.
Può darsi che il desiderio di Germania e Francia di dare una mano a Conte porti ad un primo risultato positivo al prossimo vertice tra ministri dell’Interno europei, che si terrà a Malta il 21 settembre, dal quale potrebbe uscire un impegno di alcuni Stati volenterosi ad accollarsi quote predefinite di migranti superando il sistema di defatiganti trattative ad ogni arrivo. Ma questa, se ci sarà, sarà una soluzione incompleta e provvisoria.
Per imboccare la via maestra – cioè la revisione del regolamento di Dublino – è necessario che si superi il criterio della unanimità, in questa come in una serie di materie. Si proceda, insomma, in direzione della costruzione di uno Stato federale europeo.
Su questa strada c’è però un grosso ostacolo , anzi un vero e proprio macigno: Ursula è divenuta presidente con il voto determinante dei Paesi di Visegrad. Può ora fare una politica, che pure ha enunciato nel discorso di insediamento, che tagli le unghie proprio a quei partiti sovranisti ed illiberali che l’hanno sostenuta al momento delle elezione?
Occorrerebbe, allora, per far uscire la signora von der Leyen dalla condizione di ostaggio di Orban e compagni, che alcuni partiti che le hanno negato il voto avessero un ripensamento e le facessero capire che se vorrà procedere in direzione di uno Stato federale europeo potrà contare sul loro sostegno.
Io penso soprattutto ai socialdemocratici tedeschi, che, negando il loro sostegno alla von der Leyen la resero ostaggio di Orban. Se ciò è vero, c’è un bel compito anche per Zingaretti. Non sarebbe male, dopo il volo di Conte a Bruxelles, un suo volo a Berlino, per spiegare ai compagni tedeschi, sulla scorta della esperienza italiana e parafrasando Machiavelli, che cambiare idea non è cosa disonorevole, se il fine è onorevole.
*Sergio Simeone docente di Storia e Filosofia, è stato dirigente del Sindacato Scuola della Cgil
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