Polizia e magistratura hanno dato un nome e ammanettato gli autori di una rapina compiuta in Calabria con metodi paramilitari

La Polizia ha arrestato i componenti di un gruppo criminale responsabile di una rapina compiuta il 4 dicembre 2016 nel caveau dell’istituto di vigilanza Sicurtransport di Catanzaro.

La rapina, messa in atto con metodi paramilitari e l’uso di mitra e sofisticate apparecchiature elettroniche, fruttò oltre 8 milioni di euro. L’assalto suscitò particolare allarme in quanto gli esecutori sfondarono con un potente mezzo cingolato i muri corazzati del caveau e bloccarono le strade di accesso incendiando 11 auto poste a sbarramento.

Il colpo fu messo a segno secondo un pianificato studio delle zone dove è situato il caveau e con la complicità di un dipendente dell’Istituto, responsabile proprio della sicurezza del caveau, che fornì le informazioni preventive sull’esatto posto dove spaccare il muro in maniera da consentire ai banditi di agire in tempi contingentati. Importanti per lo sviluppo dell’operazione “Keleos” sono state le dichiarazioni di una collaboratrice di giustizia, legata sentimentalmente ad uno degli organizzatori del colpo, che ha fornito agli investigatori della Polizia riscontri su fatti e circostanze relativi al suo compagno ed al ruolo primario che ha svolto nella vicenda.

Le indagini sono state coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro che si è avvalsa delle attività investigative condotte dal Servizio centrale operativo della Polizia e dagli agenti delle Squadre

Mobili di Catanzaro e Foggia. I particolari dell’operazione sono stati resi noti dal procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri (foto) e dagli investigatori, in una conferenza stampa.

Agli arrestati è stata contestata l’aggravante della metodologia mafiosa. Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, una parte dei proventi è stata corrisposta alle famiglie di ‘ndrangheta che
hanno influenza sulla zona.

Le indagini hanno permesso inoltre di accertare uno stretto collegamento tra soggetti pugliesi della zona del cerignolano “specializzati nel settore” e basisti locali che hanno reso possibile l’evento delittuoso. I calabresi coinvolti nella rapina, secondo l’accusa, si sono occupati in particolare di reperire le informazioni dal basista e di procurare le autovetture ed il mezzo cingolato utilizzati rispettivamente per il blocco delle strade e per la demolizione del muro di accesso al caveau oltre che della logistica finalizzata alla permanenza clandestina a Catanzaro del commando assaltatore composto dai malviventi pugliesi.

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