di GIOVANNI PEREZ – Prima dell’incontro con il leader ungherese Orban sarebbe stato opportuno che il nostro ministro dell’Interno Salvini si fosse aggiornato sulla storia di quel paese: avrebbe appreso che tra il 30 ottobre ed il 10 novembre del 1956 gli ungheresi si erano ribellati al regime alleato e succube di quel “Paese amico” (in realtà occupante) che rispondeva al nome di Unione Sovietica e che, morti a parte, in quella occasione ben 250 mila ungheresi erano fuggiti dall’Ungheria rifugiandosi in Austria. Quei profughi avevano chiesto asilo politico in vari Paesi dell’Occidente, dove erano stati accolti ed aiutati. I decenni sono passati e quasi tutti hanno continuato a vivere sino ad oggi nelle comunità che allora li avevano accolti.
Ma non è tutto. Penso che, sempre a proposito di xenofobia, sarebbe il caso di ricordare a Salvini un’altra fase oscura della storia ungherese: il 1944. Con l’appoggio delle truppe naziste, che avevano di fatto invaso l’Ungheria con la scusa di combattere l’avanzata dell’armata Rossa, avevano preso il potere le “Croci Frecciate” (una formazione simile alle SS) che avevano iniziato una caccia spietata agli ebrei. A Budapest in particolare avevano ucciso gli ebrei in modo particolarmente crudele: dopo averli legati in coppia, ne uccidevano uno e lo gettavano nel Danubio con l’altro disgraziato legato e ancora vivo.
Molte decine di migliaia di ebrei erano stati invece arrestati, sempre dalle Croci Frecciate, e mandati a morire nei campi di sterminio nazisti.
Tristi ricordi di un passato, non poi così lontano, che tuttavia vanno rievocati per chiarire a Salvini dove può portare un acceso spirito xenofobo: ieri erano gli ebrei europei, oggi sono gli emigranti africani.
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