PERISCOPIO/ Il Giro d’Italia dai Fori Romani alle Buche Imperiali

 di ROMANO BARTOLONI –

Dopo che ci sono caduti dentro i campioni del Giro d’Italia, i Fori Romani, piazza mercato, agorà, cuore pubblico della città, hanno perso smalto e riacquistato di fatto la antica etimologia di foro, buca, apertura, dal verbo italo-latino forare cioè fare buche. Perciò d’ora in poi i Fori possono essere ribattezzati, almeno dai più pignoli, Buche Romane in fronte al Colosseo.

Nella capitale la  corsa ciclistica di fine maggio è stata dimezzata proprio nella tappa del gran finale, perché i rattoppi dell’ultima ora non hanno salvato i girini da incidenti e forature. Ancora una volta è stata chiesta la testa della sindaca Virginia Raggi, che ha reagito offesa, contestando la figuraccia e maledicendo coloro che “polemizzano su tutto”. L’ha difesa a spada tratta il consorte Andrea Severini con un rabbioso post, subito cancellato, nel quale si scambiano le buche per i celebri sampietrini “che a Roma esistono da sempre, fatevene una ragione, servi di regime, l’invidia è una brutta bestia”.

Purtroppo, anche i sampietrini sono talmente malridotti e sconnessi che fanno concorrenza alle buche nel dissestare le strade. Peraltro, pronipoti dei selci/serci/basolati romani oggi risanati alla meglio/peggio, perché sono scomparsi i selciatori con il segreto del loro mestiere.

Ormai bastano due fiocchi di neve, una pioggia battente di qualche ora per mettere la città in ginocchio. La stragrande maggioranza del sistema viario (5.500 chilometri) è ridotta a una groviera a nostro rischio e pericolo, buche, crepe, crateri, voragini, ben 44 dall’inizio dell’anno (note Istituto superiore per la protezione ambientale) che hanno spazzato via la vita in superficie, e precipitato sotto terra decine  di auto.

Il 93% dei 6mila chilometri di strade pare bombardato, ha almeno una buca, in 300 rischiano la chiusura per ragioni di sicurezza. Con il maltempo, i fossi diventano crateri, fenomeni carsici che attentano all’incolumità della gente, mietono vittime tra i motociclisti, inghiottono veicoli, distruggono ruote e cerchioni delle auto, decimano i bus del trasporto pubblico già malridotto e con le corse spesso dimezzate. Quattro palate di bitume sparso alla meglio, magari schiacciato con i piedi, diventano rimedi peggiori del male. Toppe e rattoppi si sciolgono come neve al sole e il suolo sprofonda. Per risanare gli asfalti occorrerebbe un miliardo di euro, mentre, allo stato dell’arte, sono disponibili 81 milioni, del tutto insufficienti.

Migliaia di romani, fuori dalla grazia di Dio, hanno osato intentare causa per danni al Comune, sfidando il caro costo e i tempi biblici dell’azione giudiziaria. Secondo l’Adir, la mutua assicuratrice del Comune di Roma, negli ultimi due mesi, dopo la nevicata del 26 febbraio, sono arrivate circa 80 lettere al giorno con richiesta di risarcimento: in totale 3.200 istanze. In tutto nel 2017, vennero risarciti 3.700 sinistri per 7 milioni di euro. I danni provocati quest’anno potrebbero produrre un record di risarcimenti intorno agli 8 milioni. Almeno Rutelli da sindaco si era inventato, anche se senza successo, un fondo rimborsi buche e una macchina tappabuchi riproposta anche di recente con scarsa riuscita.

Roma è fragile non solo per le buche ma anche per il rischio idrogeologico. Il terreno frana sempre più spesso con un numero crescente di voragini passato da una media di 16 l’anno fra il 1998 e il 2008 a più di 90 annue con un picco di 104 nel 2013, e che potrebbe essere  superato quest’anno alla luce di vistosi e ripetuti fenomeni di smottamento. La causa principale è la presenza di numerose cavità sotterranee, che costituiscono un’intricata rete di gallerie: finora ne sono state mappate circa 35 chilometri quadrati. Non soltanto perchè la città eterna è stata costruita e ricostruita a strati, le famose sette Roma, ma anche perché fin dalle origini il suolo e il sottosuolo, di natura vulcanica, è stata scavato e riscavato da una miriade di cave di pozzolana e di tufo.

La cattiva gestione della manutenzione, ridotta a fantasma e incalzata dall’affanno della perenne emergenza, e i cronici disservizi dei trasporti e della raccolta dei rifiuti affondano Roma sempre più giù nella classifica della qualità della vita redatta dal “Sole 24ore”. Dal 13simo posto di 2 anni fa è precipitata al 24simo. Per salvare una salassata e agonizzante malata ci vorrebbero  un miracolo del cielo o il pronto soccorso di Aladino con la sua lampada, oppure di uno straricco mandarino cinese o di un nababbo arabo del petrolio.

Commenta per primo

Lascia un commento