Perché è improponibile la candidatura di Berlusconi alla carica di capo dello Stato

di SERGIO SIMEONE E’ un coro quasi unanime di tutte le forze politiche italiane: vogliamo Draghi presidente del Consiglio fino al 2023. Non tutti i “coristi”, però,  sono mossi dalle stesse motivazioni. Alcuni pensano sinceramente che le sue capacità di governo ed il suo prestigio internazionale possano aiutare il Paese ad uscire dalla pandemia ed avviare il rilancio della nostra economia. Altri invece pensano che tenendolo fermo a palazzo Chigi possono bloccare la sua corsa verso il Quirinale. Tra questi ultimi c’è certamente Silvio Berlusconi, che ultimamente sta lanciando ami in tutte le direzioni per catturare un cospicuo numero di grandi elettori, che gli permettano di realizzare i suoi sogni Presidente.

Ma si tratta di una candidatura assolutamente improponibile per le seguenti ragioni:

1.  Senza scorrere tutto il suo curriculum vitae costellato di numerose mende, basta ricordare quel vero e proprio macigno che ostacola la sua marcia presidenziale: il cavaliere è stato condannato con sentenza definitiva, dopo tre gradi di giudizio, per frode fiscale e per questa ragione gli è stato tolto il seggio al Senato. E’ mai possibile che diventi capo dello Stato uno che ha derubato lo Stato? E’ mai possibile che chi è stato ritenuto indegno di fare il senatore sia ritenuto degno di fare il Presidente della Repubblica? Ma davvero vogliamo far crollare del tutto la fiducia già molto debole degli italiani nelle istituzioni? Davvero vogliamo perdere tutto il maggior credito che abbiamo guadagnato con Draghi sullo scenario europeo?

Contrariamente a quanto pensa qualcuno, che lo accredita di fede europeista, e come tale garante presso la UE di un eventuale futuro governo di centrodestra, per l’Europa l’elezione di Berlusconi sarebbe una vera iattura. Uno degli obiettivi  fondamentali, infatti, che l’Unione europea sta perseguendo in questa fase, come sappiamo, è l’affermazione dello stato di diritto  in tutti gli stati membri. Stato di diritto che viene messo in pericolo soprattutto in Polonia ed Ungheria, dove si cerca di sottomettere la magistratura al potere esecutivo. Ebbene non può non venire alla memoria la ininterrotta polemica che Berlusconi da capo dell’esecutivo ha condotto per venti anni contro la magistratura italiana mettendo più volte in pericolo la sua autonomia. Sintomatica a questo proposito la sua sintonia con l’autocrate ungherese Orban, nemico  della indipendenza della magistratura, tanto che il cavaliere è stato colui che più strenuamente si è battuto contro la espulsione della Fidesz dal PPE.

Non paliamo poi dei danni fatti in materia finanziaria. Non si può dimenticare che il maggiore pericolo l’euro l’ha corso nel 2011, quando lo spread in Italia (essendo Berlusconi a capo del governo) arrivò alle stelle facendo temere il crollo non solo dell’economia del nostro sistema, ma dell’intero sistema monetario europeo.

 Chi vuole che Draghi guidi i governo italiano fino al 2023 sa anche che ciò sarà possibile solo se il nuovo Presidente della Repubblica sarà eletto di comune accordo da tutti i partiti che costituiscono l’attuale maggioranza. Se il Presidente dovesse essere eletto solo da una parte dei partiti che la compongono, l’attuale maggioranza si spaccherebbe ed il governo Draghi cadrebbe. Si andrebbe naturalmente ad elezioni anticipate e si interromperebbe di conseguenza il percorso virtuoso che è stato intrapreso per uscire dalla pandemia e realizzare il PNRR. Se ciò è vero, Berlusconi è l’ultimo uomo da prendere in considerazione, perché mai e poi mai il centrosinistra, ed ancora di più i cinque stelle voterebbero per lui.

Questi sono gli argomenti che la logica suggerisce  contro la possibile candidatura di Berlusconi. Saprà la destra farli propri o ripeterà gli errori delle amministrative, dove è stata sconfitta anche a causa della incapacità di scegliere  candidati  presentabili?

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, già dirigente del sindacato scuola della Cgil

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