di NUCCIO FAVA – Dall’incontro di Helsinki nessuno si attendeva risultati importanti. Stabilito a conclusione del viaggio europeo del presidente Usa, avrebbe dovuto suggellare un suo ruolo da protagonista. Ma già le precedenti tappe, alla Nato, a Bruxelles e a Londra, hanno costituito una fatua e pericolosa affermazione della linea di Trump, diffidente se non ostile all’Europa, a chiedere nuovi stanziamenti per la Nato, un atteggiamento meno critico verso le sue scelte per ottenere appoggio alla guerra dei dazi e all’impostazione di chiusura verso il Messico per la creazione di un enorme muro divisorio e di misure spietate addirittura contro i bambini, staccati con la forza dalle mamme.
Putin ha giocato apparentemente di rimessa senza mai alzare il prezzo. Il suo vero interesse del resto era contenuto nello stesso svolgersi del vertice, plastica dimostrazione davanti a giornali e tv di tutto il mondo che il vero interlocutore dell’occidente in ogni campo resta la nuova Russia in cammino e più forte che mai.
In casa nostra proseguono gli imbarazzi e le diversità tra Lega e pentastellati , praticamente su tutti i temi. Divergenze e distinguo sempre più numerosi che non impediscono tuttavia di avviare insieme la grande frittata su futuro della Rai. La legge favorisce e quasi sollecita una grande spartizione che comprenda le esigenze e gli appetiti di tutti. Non solo quelli di Salvini e Di Maio ma dell’intero quadro costituzionale, come si sarebbe detto una volta. E la frittata radiotelevisiva si concluderà con le nomine dei massimi vertici e l’immonda pastetta sarà compiuta aprendo la strada a tutti i passaggi successivi per le nomine del caro direttore e dei dirigenti di fascia alta fino ai capi uscieri e dintorni. Purtroppo è la strada sempre seguita anche in passato con il risultato che possiamo quotidianamente osservare non solo nei Tg ma nella complessiva programmazione.
Del resto il clima culturale, civile e morale del paese è sotto gli occhi di tutti noi. Né basta l’eccitamento per la conferma della direzione del prossimo Festival di Sanremo all’ottimo Baglioni, né la dedica al povero Frizzi del teatro delle Vittorie. Servirebbe davvero ben altro per un servizio pubblico adeguato alle esigenze più vere e profonde di una società smarrita come quella italiana.
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