di DOMENICO MACERI* – Il presidente Donald Trump ha sostenuto costantemente che l’inchiesta sul Russiate non è altro che “una caccia alle streghe” caldeggiata dai democratici per avere perso l’elezione. Ciononostante il 45esimo presidente ha affermato più volte che lui non era indagato, come gli aveva confermato James Comey, ex direttore della Fbi, licenziato da Trump il mese scorso. Adesso però, in un recentissimo tweet, Trump ci dice che è indagato “dall’individuo che gli aveva detto di licenziare Comey”. Trump non menziona il nome dell’individuo, ma si capisce che si tratta del vice procuratore generale Rod Rosenstein, che aveva scritto un memorandum nel quale definiva Comey incompetente. Rosenstein, come si sa, è colui che ha anche nominato Robert Mueller procuratore speciale per l’inchiesta su Russiagate.
Trump nel suo tweet attacca Rosenstein cercando di insabbiare le acque dell’inchiesta del Russiagate ma soprattutto per quanto riguarda la sua persona. Per difendersi dall’inchiesta sulla sua possibile ostruzione della giustizia il 45esimo presidente ha assunto un avvocato personale e poi ne ha assunto un altro specializzato in questioni politiche.
Il nuovo avvocato Jay Sekulow durante il weekend scorso ha fatto il giro dei talk show prendendo le difese del suo assistito. Sekulow ha insistito in interviste alla Fox News, Cnn, e radio che Trump non è sotto inchiesta. Il legale ha insabbiato le acque ancor di più, contraddicendo il tweet in cui Trump chiariva di essere sotto inchiesta. Sekulow ha però insistito che Trump non è stato informato di essere sotto inchiesta e dunque non lo è.
Il problema con il ragionamento del legale è che Robert Mueller, il procuratore speciale, come del resto l’Fbi, non informa chi è sotto inchiesta. Si sa però che Trump è indagato, come conferma un articolo del Washington Post. Sekulow ha cercato dunque di mettere in dubbio la fondatezza dell’inchiesta insabbiando le acque come fa di solito il suo assistito per sbilanciare gli avversari. Si tratta di mettere tutto in dubbio anche con questioni legali trasportandole nel campo politico.
Per colorare di politica l’inchiesta di Mueller alcuni dei collaboratori ufficiali di Trump hanno già sparso la voce che il procuratore speciale non può essere imparziale. Lo ha fatto Kellyanne Conway, consulente di Trump, la quale è nota per saper deviare dalla realtà a tal punto che in un’intervista aveva creato l’espressione “fatti alternativi”. In una recente intervista alla Fox News la Conway ha dichiarato che gli avvocati assunti da Mueller per assisterlo nella sua inchiesta sono inaffidabili, dato che hanno elargito contributi a candidati democratici. Inoltre è venuta a galla la notizia della presunta parzialità di Mueller prendendo in considerazione la sua amicizia personale con Comey reiterata anche da Trump in un’intervista alla Fox News.
Newt Gingrich, speaker della Camera fra il 1995 e 1999, preso in considerazione da Trump come suo possibile vice durante la campagna elettorale del 2016, ha anche lui parlato dei legami degli avvocati scelti da Mueller con il Partito Democratico. Nonostante questo, Gingrich aveva cantato le lodi di Mueller il mese scorso dicendo che era “un’ottima scelta per procuratore speciale, con una reputazione impeccabile per onestà”. Poco importa. Insabbiare le acque sembra essere la strategia.
Si tratta di una tecnica usata con grande efficacia nel campo politico da Trump. Il 45esimo presidente, per esempio, aveva annunciato la possibile esistenza di registrazioni dei suoi incontri con Comey. Lo aveva fatto per sbilanciare l’ex direttore dell’Fbi poco prima della sua testimonianza alla commissione dell’Intelligence al Senato. Adesso, Trump ci ha informati mediante un altro tweet che non ci sono registrazioni.
Questi comportamenti per insabbiare le situazioni continuano a dipingere Trump come poco affidabile, ispirando dubbi sulle sue parole e sulle sue azioni: non si sa quando dice la verità o quando mente, né se le sue promesse saranno mantenute. La sua affidabilità importa poco, ma gli effetti negativi sono visibili. Michael Cohen, uno dei suoi avvocati personali, ha assunto a sua volta un proprio avvocato personale per sua legittima difesa. Altri avvocati ed agenzie legali di Washington D.C. hanno rifiutato di rappresentare il presidente per la sua scarsa volontà di seguire i consigli dei legali e specialmente temendo di macchiare la loro reputazione associando il loro nome a quello di Trump. Inoltre la Casa Bianca ha difficoltà ad attirare individui per posti importanti, data l’incertezza del clima causato dalla volubilità di Trump, che spesso contraddice i suoi subordinati.
Insabbiare le acque su qualunque argomento per ora funziona per Trump, ma alla fine i fatti dovranno prevalere. Le commissioni alla Camera e al Senato che stanno investigando sul Russiagate confermano che non si tratta di caccia alle streghe. Essendo in minoranza, i democratici non avrebbero potuto stabilire queste commissioni senza l’approvazione dei repubblicani. La nomina di Mueller a procuratore speciale per il Russiagate ci indica qualcosa di marcio, anche se le risposte complete si avranno solo alla fine dell’inchiesta, che richiederà tempo. Il fatto che parecchi collaboratori vicinissimi a Trump, incluso il genero Jared Kushner, abbiano assunto avvocati per farsi assistere sul Russiagate continua a creare ombre. Il procuratore generale, Jeff Sessions, il super avvocato incaricato di dirigere l’implementazione delle leggi per tutto il Paese, che si è ricusato dall’inchiesta del Russiagate, ha recentemente anche lui assunto un avvocato per rappresentarlo. Non si tratta dunque di caccia alle streghe, come continua a sostenere il presidente.
I repubblicani alla Camera e al Senato continuano a sostenere Trump, ma sanno che il tempo stringe. Ecco perché hanno accelerato sulla riforma sanitaria, di cui ci occuperemo in un prossimo articolo.
*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)
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