OSSERVATORIO AMERICANO/ Trump e i limiti del nepotismo

di DOMENICO MACERI* – “Il nepotismo è un fattore della vita”. Con queste parole Eric Trump spiegava il fatto che lui, il fratello Donald, e la sorella Ivanka hanno successo. Secondo il secondogenito di Trump bisogna però avere della capacità per restare in alto dato che il nepotismo solo apre le porte.
Il nepotismo nel mondo degli affari si accetta considerando il numero di aziende grandi e anche piccole in cui i figli e familiari vengono assunti e sistemati per ragioni di sangue. In politica  però le cose stanno diversamente. Il presidente Trump non è il primo a dare incarichi importanti ai suoi parenti alla Casa Bianca. Nella storia americana altri lo hanno fatto. In tempi recenti si ricorda John F. Kennedy, che diede l’incarico di procuratore generale al fratello Robert, divenuto campione dei diritti civili. Ciononostante  a causa del nepotismo messo in pratica da Kennedy una legge fu approvata nel 1967 che proibisce di assumere familiari in incarichi governativi. Nel 1978 però la legge fu modificata esentando i ruoli di consulenza dal nepotismo. Ecco perché Trump ha potuto assumere il genero Jared Kushner e la figlia Ivanka dando loro incarichi di consulenza.
Avere due membri della famiglia ai vertici della Casa Bianca rassicurerà Trump, dato che gli garantisce fedeltà, qualità indispensabile per il 45esimo presidente. Un rapporto essenziale come ci dimostra la richiesta  di fedeltà dell’attuale inquilino della Casa Bianca  a James Comey, ex direttore della Fbi. Allo stesso tempo però la presenza di familiari può causare problemi. A cominciare dal fatto che l’unica ragione per i loro incarichi sia dovuta al rapporto familiare. Se non fosse stato per il nepotismo certamente Ivanka non sarebbe consigliere del presidente degli Stati Uniti. Jared da parte sua è stato messo a capo del neoistituito Office of American Innovation con ampli compiti interni ma anche esteri inclusa l’esplorazione di un trattato di pace fra Israele e la Palestina.
Né Jared né Ivanka hanno avuto esperienze governative venendo ambedue dal mondo degli affari. Una caratteristica che è u ncoltello a doppio taglio, da una parte positivo ma anche negativo. L’esperienza imprenditoriale può aiutare in incarichi governativi ma allo stesso tempo può essere dannosa dato che le mete sono diverse. Nel primo caso si tratta di fare profitti senza preoccuparsi veramente se qualcuno ne esce perdente. In politica i profitti sono il servizio agli elettori e tutti i contribuenti ne dovrebbero uscire vincenti.
Ma il problema principale con il mondo imprenditoriale è il continuo legame che intorbidisce le acque con i nuovi incarichi governativi. Nonostante il fatto che ambedue Kushner e Ivanka abbiano messo le loro aziende in un “trust” la separazione non è stata netta. Nel caso di Kushner è emersa la storia di affari con rappresentanti cinesi subito dopo l’elezione che hanno messo in dubbio il suo ruolo nell’amministrazione del suocero.  Anche Ivanka ha avuto un episodio simile quando si è incontrata con il primo ministro giapponese mentre la sua azienda stava negoziando un affare con il governo nipponico.
Questa mancanza di netta separazione fra affari e governante ovviamente include anche lo stesso Trump. Anche lui ha affidato le sue aziende ai suoi due figli maschi ma ovviamente quando loro intraprendono affari tutti sanno che il loro cognome è lo stesso del presidente degli Stati Uniti. Ovvi sospetti emergono troppo facilmente se i collaboratori, specialmente stranieri, si aspettano favori dal governo americano o almeno credono di poterli ottenere.
Gli incarichi poco chiari di Kushner e Ivanka producono situazioni poco rassicuranti anche per i membri del “cabinet” di Trump ed altri consiglieri alla Casa Bianca. Kushner, per esempio, a volte sembra oscurare il ruolo negli affari esteri del segretario di Stato Rex Tillerson.  Inoltre forti battibecchi sono emersi fra Kushner e Steve Bannon, un altro consigliere importante di Trump. Ovviamente in queste situazioni gli avversari di Kushner sanno bene che il loro rivale è il genero del presidente e devono mitigare le loro azioni.
Ivanka, da parte sua, a volte sembra incarnare il ruolo di first lady che ovviamente spetta a Melania Trump. La figlia maggiore di Trump, a differenza del marito, concede interviste  e riconosce il suo ruolo senza precedenti nella storia americana. Si crede che lei abbia, come il marito, idee moderate e vicine a quelle del Partito Democratico, un “peccato mortale” per Bannon ed altri ultraconservatori nei vertici della Casa Bianca. Ciononostante si sa poco dell’influenza di Ivanka sulle decisioni del padre anche perché come lei ha detto i consigli dati al presidente rimangono fra loro due. Si crede però che lei abbia influenzato la decisione di bombardare Assad in Siria per punire l’uso delle armi chimiche.
“Forse noi siamo qui per nepotismo, ma non siamo ancora qui per nepotismo” ha spiegato Eric Trump, difendendo se stesso ed il fratello Donald Junior in un’intervista nel 25esimo piano della Trump Tower. Avrà ragione ma nel loro mondo imprenditoriale suo padre prende le decisioni. Nel campo governativo ci sono leggi che mettono freni. Il cognato Jared ha aggiornato tre volte la domanda di nulla osta alla sicurezza per accedere alle informazioni classificate aggiungendovi cento nomi di contatti con russi che aveva omesso nella dichiarazione originale. Trump ha protetto il genero. Per quanto tempo potrà continuare a farlo?  Robert Mueller, il procuratore speciale dell’inchiesta sul Russiagate, ci farà sapere. Forse il nepotismo ha i suoi limiti.

 *Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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