OSSERVATORIO AMERICANO/ Trump e gli aiuti politici stranieri: sfida alla legalità

di DOMENICO MACERI* – “Il presidente degli Stati Uniti è pronto a commettere un reato per essere rieletto”. Queste le parole di Andrew Napolitano, ex giudice della Corte Superiore del New Jersey, e attuale collaboratore della Fox News. Napolitano si riferiva alla dichiarazione di Donald Trump fatta in un’intervista ad Abc News, nella quale aveva detto che se “un Paese straniero” gli offrisse “materiale compromettente” su un suo avversario politico lui lo accetterebbe.

Napolitano non è stato l’unico a denunciare una tale azione illegale. Ellen Weintraub, la direttrice della Federal Election Commission, l’agenzia governativa non partisan incaricata di tutelare le leggi sulle elezioni, ha dichiarato categoricamente che “è illegale per un candidato politico chiedere o accettare “qualunque cosa di valore da uno straniero”.

Il 45esimo presidente si sarà reso conto di avere sbagliato poiché subito dopo ha comunicato con giornalisti della Fox News tentando di fare marcia indietro, dicendo che bisognerebbe ascoltare le informazioni da un ente straniero e poi determinare il da farsi. Il problema per Trump non sono però solo le parole. Le azioni parlano più chiaramente. È facile ricordare che nel giugno del 2016, Donald Jr., primogenito del presidente, il genero Jared Kushner, e il direttore della sua campagna elettorale si sono riuniti con un’avvocatessa russa la quale aveva promesso materiale compromettente sull’allora rivale Hillary Clinton.

Nella campagna elettorale del 2016 Trump aveva chiesto ai russi, in tono scherzoso, di trovare le e-mail scomparse dal server della sua avversaria Hillary Clinton. I russi stavano ascoltando come si è visto più tardi, in un momento buio della campagna di Trump poche settimane prima dell’elezione. Lo scandalo causato dal video di Hollywood venne a galla: in esso  si sente Trump dire che a lui, da star, le donne concedono tutto, persino di prenderle dalle parti intime. Poco dopo Wikileaks rilasciò un sacco di e-mail della Clinton. Una mossa provvidenziale per Trump perché servì a distrarre i media dalle ripercussioni del video incriminante. Il fatto che i russi avevano un candidato preferito nell’elezione presidenziale ce lo ha confermato anche il rapporto di Robert Mueller. Il procuratore speciale sul Russiagate ha incriminato dodici funzionari russi per interferenza, anche se Vladimir Putin non permetterà mai la loro estradizione.

L’atto illegale dell’aiuto russo non è stato sufficiente per incriminare Trump, ma ci ricorda i problemi legali nell’attuale inquilino alla Casa Bianca, iniziati durante la campagna elettorale e continuati fino al presente. Si potrebbe credere, usando lenti generose per Trump, che le indagini delle commissioni alla Camera siano dovute a ragioni esclusivamente politiche. I fatti però testimoniano che Trump ha sempre sfidato e continua a sfidare la legalità sia con le sue parole sia con la condotta.

Proprio in questi giorni la sua consigliera Kellyanne Conway è stata accusata – dall’ufficio dello Special Counsel, incaricato di salvaguardare la condotta etica dei funzionari del governo – di avere violato l’Hatch Act . L’agenzia ha accusato la Conway di molteplici violazioni per l’uso della sua carica nei suoi attacchi contro politici democratici. Il dirigente del Special Counsel è Henry J. Kerner, che è stato nominato da Trump. L’attuale inquilino della Casa Bianca ha però detto che non ha nessuna intenzione di licenziare la sua fidata collaboratrice.

Il procuratore speciale Mueller non ha esonerato né incriminato Trump nel suo rapporto poiché un presidente in carica è soggetto solo al giudizio del Congresso. Il 45esimo presidente ha capito che fin quando lui avrà il supporto dei legislatori repubblicani in Senato non ha molto da preoccuparsi nonostante il fatto che alcune voci del suo partito si siano alzate per condannare la sua ammissione di essere disposto ad accettare aiuti da stranieri per essere rieletto. Si tratta però di voci flebili che non sono accompagnate da azioni. Il presidente del Senato Mitch McConnell, del Kentucky, è soddisfatto della condotta di Trump e non ha nessuna intenzione di permettere voti sulla integrità delle elezioni americane fin quando i repubblicani ne traggano vantaggi. McConnell viene ripagato da Trump con nomine di giudici di destra che lui vede indispensabili poiché queste toghe rimangono nel sistema giudiziario a vita.

In mancanza di contrappesi al potere dell’esecutivo, i democratici, che controllano la Camera, si trovano a dover sostenere il difficile compito di arginare gli eccessi etici e presumibilmente persino  illegali del presidente. Nancy Pelosi, la speaker della Camera, sta agendo con grande prudenza, esitando a procedere nell’impeachment poiché crede che una tale strada rafforzerebbe la situazione politica di Trump e lo condurrebbe a una facile rielezione. La Pelosi, in effetti, interpreta gli “incoraggiamenti” di Trump all’impeachment come un trappola in cui lei non vuole cadere. Ciononostante il numero di parlamentari che supportano l’impeachment è salito a 69 (68 democratici e un repubblicano). Alla fine si crede che ci sarà poca scelta poiché in caso contrario Trump sarebbe incoraggiato a continuare spudoratamente a infrangere le regole e le leggi, stabilendo precedenti che futuri presidenti, con tendenze dittatoriali come Trump, potrebbero seguire, ridimensionando il potere e le responsabilità del ramo legislativo.

*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com).  

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