OSSERVATORIO AMERICANO/ Se Trump liquida la sua comunicazione nei 144 caratteri di un tweet

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI*

“Credete veramente che io commenterò i tweet quotidiani? Non lo farò”. Paul Ryan rispondeva con queste parole a una domanda dei giornalisti su un recente tweet di Donald Trump in cui minacciava di cancellare il contratto con Boeing per la costruzione del nuovo Air Force One. Secondo il neoeletto presidente i costi sono troppo alti. Trump non ha spiegato nel suo messaggio  quale dovrebbe essere il prezzo giusto né quali ricerche lui abbia fatto giungere a questa conclusione.

Durante la campagna elettorale Trump aveva fatto uso frequente dei tweet e si credeva che dopo l’elezione avrebbe cambiato strategia. Nulla del genere si è visto fino ad ora. I 144 caratteri consentiti per i post di Tweeter sembrano essere la forma preferita da Trump per spiegare ciò che gli passa per la testa. I limiti imposti dal social media sembrano ideali per ridurre situazioni complesse a livelli bassissimi di semplificazione, che riflettono più conversazioni da bar che informazioni rilasciate dal futuro presidente del Paese più potente al mondo.

I messaggi sono superficiali, provocatori, a volte offensivi e spesso distanti dalla verità. In uno di questi Trump ci ha detto che non solo ha vinto con largo margine le elezioni ma che avrebbe anche vinto in voti assoluti se non vi fossero state irregolarità.  L’asserzione è falsa, ma ovviamente il fatto che Hillary Clinton abbia ricevuto quasi tre milioni di voti  in più (65.844.610 contro 62.979.636) avrà ferito l’insicurezza di Trump.

Anche quando c’è qualcosa di vero, i tweet di Trump non ci raccontano tutta la realtà necessaria per capire a fondo la situazione, come nel caso dei 1.100 posti di lavoro della Compagnia Carrier in Indiana salvati,  che Tump voleva trasferire in Messico: in realtà  si trattava di 730 posti. Al di là del numero, però, il tweet di Trump non chiariva i sette milioni di dollari in sgravi fiscali concessi all’azienda né altri possibili benefici  mediante contratti con il governo federale per la Carrier. Non chiariva nemmeno  se questo è il modus operandi di Trump con le aziende americane che minacciano di trasferire posti di lavoro all’estero. Quanti soldi dovrà offrire per impedire la perdita di questi posti di lavoro?

I tweet di Trump mirano a comunicare con i suoi 17 milioni di seguaci ma ovviamente raggiungono anche i media e la stampa cartacea, costretti a correggere e spiegare le ramificazioni delle “perle” del neoeletto presidente. Durante la campagna elettorale Trump aveva criticato la Clinton perché non concedeva conferenze stampa. Ma, lui ora è colpevole dello stesso peccato. Dopo l’elezione ha concesso solo interviste al programma 60 Minutes della Cbs, al Wall Street Journal e al New York Times. Twitter è stato il suo mezzo per comunicare direttamente senza il filtro dei media. Con il proliferare dei tweet di Trump i media devono scegliere se rilanciare tutti i messaggi o scegliere solo i più significativi. Alcuni credono che quando il presidente parla bisogna ascoltarlo, come si faceva quando Ronald Reagan annunciava qualcosa mentre saliva su un elicottero. Tutto ciò che dice il presidente va riportato, secondo Chris Wallace della Fox News. Sono necessarie però le dovute analisi e chiarificazioni.
Uno degli effetti della comunicazione via tweet è che riduce il potere dei grossi giornali che in passato avevano accesso ai potenti prima dei giornali piccoli, come succedeva spesso con il New York Times.  I tweet però offrono vantaggi a Trump perché evitano il confronto diretto con i media, nel quale lui sarebbe costretto ad approfondire i contenuti dei suoi brevissimi messaggi. Inoltre riducono ancora di più la rilevanza della stampa cartacea e persino di quella telematica. Twitter offre infatti un altro sistema di comunicazione che fa la concorrenza ai media tradizionali.

L’effetto dei tweet di Trump però ha spesso effetti negativi. Subito dopo il suo annuncio sulla Boeing il valore borsistico dell’azienda è andato giù. È difficile sapere se Trump si renda conto del peso delle sue parole espresse con dei tweet spesso redatti a notte fonda. Uno dei suoi recenti tweet sull’importanza di sviluppare l’armamento nucleare ha ovviamente causato preoccupazioni. La politica americana in amministrazioni repubblicane e democratiche  nelle ultime decadi si è concentrata sulla riduzione delle armi nucleari e sul controllo della sua proliferazione. L’idea di una marcia indietro verso l’ampliamento del nucleare dovrebbe fare venire i brividi.

I tweet però, dato il loro limitato respiro di 144 caratteri, tendono a ridurre il discorso politico a una superficialità estrema che si addice allo stile del neoeletto presidente. Le soluzioni per lui sono sempre facili e riducibili a una o due frasi. In un certo senso il genio di Trump è quello di avere capito che la società sta cambiando e che molti vogliono spiegazioni con pochissime parole, tutto sempre più breve con qualche foto per illustrare la realtà istantanea perché dopotutto non si può aspettare fino a domani per leggere le informazioni nel nostro quotidiano preferito.
Nell’intervista concessa a 60 Minutes Trump ha promesso che una volta entrato alla Casa Bianca “frenerà notevolmente” il suo uso di Twitter. Una promessa che gli sarà difficile mantenere.

*Domenico Maceri docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)  

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