OSSERVATORIO AMERICANO/ Russiagate e i comportamenti poco innocenti di Trump

di DOMENICO MACERI* – “Quando sei innocente….comportati come tale”. Questa la risposta del parlamentare repubblicano della South Carolina Trent Gowdy a una domanda nel programma “Fox News Sunday” mentre rispondeva ai frequenti attacchi di Donald Trump al procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller. Gowdy ha continuato spiegando che se uno non “ha fatto nulla di male vorrebbe che un’inchiesta fosse completata al più presto possibile”.
Gowdy si sbagliava sui ripetuti attacchi a Mueller. Infatti, solo di recente Trump ha iniziato a “puntare” direttamente il procuratore speciale con i suoi tweet velenosi. Il 45esimo presidente però ha condotto una campagna costante contro il Russiagate cercando di ostacolarla con tutti i suoi mezzi. L’attuale inquilino della Casa Bianca ha sempre sostenuto che l’inchiesta del Russiagate non è altro che una caccia alle streghe e non doveva mai essere stata intrapresa. Trump non ha mai accettato l’idea dell’interferenza russa nelle elezioni del 2016 vedendo in questo  un’ombra sulla sua legittima vittoria. Tutto semplice per lui. Ha vinto, punto e basta. Il fatto che diciassette agenzie di intelligence americane abbiano dichiarato che vi è stata interferenza russa nell’elezione americana con possibili ripetizioni in future elezioni non sembra interessare il 45esimo presidente.
Trump ha infatti cercato di dimostrare che non vi è stata interferenza citando due conferme personali di Vladimir Putin.  Partendo da questa posizione ha fatto del suo meglio per bloccare le indagini di Mueller. A cominciare dal licenziamento di James Comey, direttore della Fbi. Trump ha poi fatto una campagna velenosa contro il procuratore generale Jeff Sessions, da lui nominato, per essersi ricusato dalle indagini del Russiagate per conflitti di interesse, forzando la mano del suo vice, Rod Rosenstein, a dare l’incarico di procuratore speciale a Mueller. Trump ha persino celebrato il licenziamento di Andrew McCabe, numero due alla Fbi, perché questi aveva mantenuto fedeltà al suo ex capo Comey.

Gli attacchi di Trump alle indagini del Russiagate sono stati costanti suggerendo che qualcosa non quadra con la visione della realtà del presidente. Quattro dei collaboratori di Trump si sono già dichiarati colpevoli di avere mentito al procuratore speciale, il quale ha anche incriminato 13 cittadini russi. Inoltre, Mueller ha citato in giudizio l’organizzazione Trump per l’accesso ai suoi documenti infrangendo la “linea rossa” che il 45esimo presidente aveva stabilito come  insuperabile.

Trump continua a spingere per la fine delle indagini del Russiagate ma allo stesso tempo si sta preparando dal punto di vista legale.  La sua squadra di avvocati però riflette la confusione della politica alla Casa Bianca. Il leader dei suoi avvocati, John Dowd, si è dimesso, apparentemente non potendone più della mancanza di cooperazione del suo cliente che continuava a ignorare i suoi consigli legali. Theodore Olson, stella nel campo legale per avere difeso  con successo George W. Bush nel 2000,  si è anche rifiutato di rappresentare Trump. L’ultimo legale che avrebbe dovuto aggiungersi alla “squadra” legale di Trump (Ty Cobb e Jay Sekulow) è Joseph diGenova, il quale però non ha potuto accettare l’incarico per conflitti di interesse. Altri avvocati di primo rango non hanno accettato gli inviti in parte per i comportamenti poco ortodossi di Trump come cliente ma anche per il caos della Casa Bianca dove i licenziamenti sono all’ordine del giorno.
Il fatto che Mueller continui le sue indagini e si sia avvicinato agli affari di Trump con interessi economici russi ha creato un clima di pericolo per il presidente. Alcuni analisti hanno già espresso il concetto che il 45esimo presidente potrebbe licenziare Mueller. Il comportamento caotico e volubile di Trump ha già creato questa preoccupazione nelle file dei leader democratici, alcuni dei quali hanno espresso l’importanza di proteggere Mueller mediante una legge. I colleghi repubblicani però non ne vogliono sapere credendo che il presidente non farebbe una cosa del genere come fece invece Richard Nixon nel 1973. Nel suo tentativo di proteggersi, l’allora presidente ordinò il procuratore generale Elliot Richardson e il suo vice William Richardson di licenziare Archibald Cox, il procuratore speciale per lo scandalo di Watergate. Il rifiuto di questi due spinse Nixon a licenziarli e nominare Robert Bork, il quale eventualmente licenziò Cox.

Si teme che Trump potrebbe ripetere l’esempio di Nixon per cercare di proteggersi, una prospettiva non probabile per alcuni leader dell’establishment repubblicano come  Lindsey Graham e John Cornyn. Cornyn, senatore repubblicano del Texas e numero due al Senato, ha detto che licenziare Mueller sarebbe un’idea “stupidissima” per il presidente. Graham, senatore repubblicano della South Carolina, vede un licenziamento di Mueller come il primo passo a una crisi costituzionale che porterebbe all’impeachment.

Considerando la grandissima capacità di Trump di licenziare i suoi collaboratori l’idea di mettere da parte Mueller non è un’ipotesi impensabile. I legami di Trump con la Russia sono poco noti ma i comportamenti di Trump stupiscono anche l’osservatore più casuale. Il 45esimo presidente ha avuto parole dure per quasi tutti a livello nazionale e anche internazionale eccetto per Putin e la Russia. John Brennan, l’ex direttore della Cia, è stato chiaro quando ha detto in un’intervista che i russi hanno avuto molte esperienze con Trump “e forse sono in possesso di informazioni compromettenti”. Quest’idea spiegherebbe i comportamenti di Trump verso la Russia e la sua antipatia per le indagini di Mueller. Comunque sia, sapremo tutto solo alla fine delle indagini del Russiagate. I comportamenti di Trump però non riflettono un individuo pieno di innocenza.

*Domenico Maceri è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com).

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