OSSERVATORIO AMERICANO/ L’eredità di Sanders e la sfida di Biden per unificare il Partito Democratico

di DOMENICO MACERI* Bernie Sanders non ha solo “fatto una campagna politica: ha creato un movimento”. Ecco come Joe Biden ha commentato il discorso del senatore democratico socialista del Vermont nell’annunciare ai suoi sostenitori che ritirava la sua candidatura alla nomination del Partito Democratico. In effetti, Sanders riconosceva che l’ex vicepresidente ha le carte migliori nella competizione contro Donald Trump per la conquista della Casa Bianca alle elezioni di novembre.

I complimenti di Biden per Sanders sono ricchi di verità. Bernie, come lo chiamano i suoi sostenitori e amici, ha infatti creato molto entusiasmo già a partire delle elezioni del 2016, nelle quali diede filo da torcere a Hillary Clinton per la nomination del Partito Democratico. Sanders ha piazzato idee di sinistra in primo piano, colorandole di legittimità, sfidando i democratici ad includerle nella loro piattaforma, ma anche a farle considerare seriamente dalla politica americana, persino quella internazionale.

Sanders, nel suo discorso di rinuncia, ha detto che la sua campagna non era per lui ma per gli altri. Ha ragione, come ci dimostra il fatto che un ultra settantenne è riuscito a svegliare milioni di giovani sonnolenti a partecipare attivamente in politica. Lo ha fatto sottolineando l’importanza di riformare la società che lui vede oscenamente ingiusta poiché le classi abbienti continuano a dominare il potere economico e politico mentre i poveri e la classe media continuano a perdere terreno. Sanders ha giustamente ricalcato il concetto di sanità come diritto umano invece di prodotto da comprare come pure un tenore basico per una vita dignitosa per tutti. Ma al di là delle questioni politiche ed economiche americane Sanders ha anche suonato l’allarme sul riscaldamento globale e l’importanza di usare la diplomazia per risolvere i conflitti internazionali.

Biden condivide queste idee basiche di Sanders ma non la necessità di una rivoluzione, spesso citata da Sanders, preferendo piccoli passi per migliorare la situazione. Ciononostante, con l’uscita di scena di Sanders, l’ex vicepresidente ha iniziato ad adottare alcuni dei temi del senatore del Vermont. A cominciare dall’aumento del salario minimo a 15 dollari l’ora che Sanders ha spinto sia nell’elezione del 2016 e in questa attuale. Biden ha anche accettato l’idea di offrire università gratis per quegli studenti il cui reddito familiare è inferiore a 125mila dollari annui lordi. L’ex vicepresidente ha anche abbracciato la proposta di Sanders di fare applicare le leggi federali sul lavoro a tutti, incluso gli immigrati sprovvisti di autorizzazione per essere nel Paese. Biden ha recentemente parlato anche di abbassare a 60 anni l’età per accedere al Medicare, la sanità per gli anziani, attualmente disponibile solo agli over 65.

Il fatto che Sanders abbia gettato la spugna permette a Biden di concentrarsi a costruire la coalizione necessaria per sconfiggere Trump a novembre. Questa strada include la fusione delle due ali del Partito Democratico, i centristi e i progressisti. Sanders ha esortato i suoi sostenitori che restare a casa invece di presentarsi alle urne e votare per Biden potrebbe tradursi in altri quattro anni di presidenza per Donald Trump, una situazione che lui considera orrenda. Con ogni probabilità la maggior parte di loro non cadrà nel tranello dell’inerzia e alla fine voterà per l’ex vicepresidente. Ciononostante bisogna ricordare che nell’elezione del 2016 il 12 percento dei sostenitori di Sanders ha votato per Trump invece di Hillary Clinton, secondo una ricerca della Harvard University.

Una maniera per Biden di evitare una simile ripetizione sarebbe di scegliere un vice presidente dal lato progressista del suo partito. La scelta più ovvia sarebbe Elizabeth Warren, senatrice del Massachusetts, la quale ha auspicato un’agenda politica molto simile a quella di Sanders. Di fatti, la Warren, secondo parecchi sondaggi, era la scelta numero due per i sostenitori del senatore del Vermont. Ci sarà anche pressione per Biden di scegliere un afro-americano come suo vice, specialmente per il fatto che la sua campagna politica nelle primarie è stata salvata proprio da questo gruppo nel South Carolina. In questa luce, Stacey Abrams, già candidata a governatore della Georgia e attuale leader della minoranza democratica al Senato del suo Stato, potrebbe riempire il ruolo. Con ogni probabilità queste due donne saranno nella lista dei finalisti anche perché Biden ha annunciato che sceglierà una donna come suo vice.

Biden ha buonissime possibilità di sconfiggere Trump come ci rivelano i sondaggi confermati da uno recentissimo della Reuters e Ipsos. L’ex vicepresidente sconfiggerebbe l’attuale inquilino della Casa Bianca (47 a 39 percento). Biden dovrebbe dunque fare i conti con le idee di Sanders. Si vedrebbe in quel caso quante di esse riuscirebbe a mettere in atto. Comunque vada, nonostante Sanders non sarà probabilmente candidato presidenziale un’altra volta, come lui ha dichiarato alla Associated Press, le sue idee di giustizia per una migliore società continueranno a vivere. Altri si impossesseranno della torcia progressista. Alexandria Ocasio-Cortez viene subito in mente. La ventottenne parlamentare di New York continua a crescere in popolarità e sarebbe degna erede di Sanders e le sue idee.

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*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com).

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