OSSERVATORIO AMERICANO/ L’arma del filibuster per l’opposizione democratica a Trump

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI* – “Sono uno dei più forti sostenitori del filibuster. È l’unica maniera per proteggere la minoranza e noi siamo stati nella minoranza molto di più che nella maggioranza”. Con queste parole il senatore Orrin Hatch, repubblicano dello Utah,  rispondeva al giornalista Michael McAuliff,  dell’Huffington Post, difendendo la pratica del Senato di ostruzionismo per frenare gli istinti estremisti della maggioranza.

Quando un partito controlla la Casa Bianca ed ambedue le Camere, come avverrà dal 2017, l’unica maniera per ridurre i possibili eccessi di chi è al  potere consiste nell’affidarsi all’ostruzionismo. Uno di questi metodi è il filibuster, il requisito al Senato per costringere la maggioranza a raggiungere 60 voti per procedere alla “cloture”, cioè procedere al voto con l’eventuale conseguenza di approvare leggi, confermare giudici o altre nomine del presidente che richiedono il consenso della Camera alta.
Avendo perso la Casa Bianca senza riuscire ad ottenere la maggioranza al Senato, come speravano, e avendo fallito l’impresa di raggiungere la maggioranza alla Camera bassa, i democratici si trovano nella difficile situazione di sforzarsi per controllare gli eccessi enunciati da Donald Trump nella campagna presidenziale. In effetti, i democratici si trovano nella stessa situazione dei repubblicani nel 2009 quando controllavano le due camere e la Casa Bianca. I repubblicani, però, hanno tracciato una road map di ostruzionismo che i democratici potrebbero imitare.
I primi due anni della presidenza di Barack Obama hanno permesso ai democratici di imporre il loro volere, temperato però dalla compattezza repubblicana, che ha fatto uso efficace del filibuster. Ciononostante Obama è riuscito a fare approvare lo stimolo di ottocento miliardi nel 2009 per mettere in marcia la crescita e porre fine alla profonda crisi economica ereditata da George W. Bush. L’altro punto fondamentale di successo consiste, come si sa, nell’approvazione di Obamacare nel 2010 che ha permesso a più di venti milioni di americani ad ottenere assicurazione medica.
Nell’elezione di midterm del 2010 i repubblicani ottennero la maggioranza alla Camera ma i democratici riuscirono a mantenere il controllo del Senato. Anche con il solo controllo di una delle due Camere i repubblicani riuscirono a fare ostruzione all’agenda di Obama senza però promuovere la loro agenda e creando uno stallo mai visto nella storia americana recente. Persino quando un consenso bipartisan emerse nel Senato, come per esempio nella riforma sull’immigrazione del 2015, la Camera bassa bloccò la legge soprattutto per l’opposizione dei parlamentari del Tea Party.
Fra il 2017 e il 2019 i democratici potranno usare l’arma del filibuster per cercare di ridurre le proposte più estremiste di Trump e del suo partito.

La maggioranza repubblicana al Senato è smilza (51 o 52 senatori se il candidato repubblicano vincerà il ballottaggio in Louisiana) contro 48 democratici. Per nuove proposte di legge, per nomine di membri del gabinetto  e per i giudici della Corte Suprema la regola del requisito del filibuster continua ad applicarsi. Per quanto riguarda altri giudici federali la nuova regola al Senato richiede solo una semplice maggioranza per la conferma secondo la riforma approvata nel 2013 dalla maggioranza democratica, stufa a quel tempo dell’abuso del filibuster dei repubblicani.
Con la maggioranza al Senato i repubblicani potrebbero eliminare il requisito dei 60 voti per arrivare alla cloture ma parecchi senatori, oltre a Hatch, si opporrebbero. Il senatore Lindsey Graham (South Carolina), Jeff Flake (Arizona), Jim Inhofe (Oklahoma) e persino Mitch McCollum (Kentucky), presidente del Senato, sarebbero contrari all’eliminazione del filibuster. Altri senatori repubblicani si opporrebbero perché i membri della Camera alta amano il potere individuale che il loro incarico gli consente per frenare provvedimenti a loro poco piacevoli. Inoltre, l’establishment repubblicano delle due Camere non vede di buon occhio Trump, considerato poco ortodosso nelle sue prese di posizione. Infatti, Trump avrà non pochi problemi a convincere i legislatori del suo partito a mantenere le  promesse fatte in campagna elettorale. La costruzione del muro al confine con il Messico, per esempio, richiederebbe miliardi di dollari e McCollum ha già mostrato scarso entusiasmo al riguardo.
Trump sa benissimo che il Senato possiede l’arma del filibuster e sta usando prudenza nelle sue nomine, che richiedono la conferma della Camera alta. Non a caso ha nominato  Steve Bannon  stratega della sua Casa Bianca, incarico che non richiede conferma del Senato, sapendo benissimo che le sue vedute di estrema destra gli impedirebbero di ottenerla. Alcuni dei nomi già fatti, come Jeff Sessions (procuratore generale), Mike Pompeo (Cia) saranno esaminati attentamente non solo da senatori democratici ma anche dai repubblicani.
Subito dopo la sua rielezione alla presidenza nel 2004 George W. Bush disse che la vittoria gli aveva conferito un capitale politico che intendeva spendere. Anche Obama ha speso capitale politico con la riforma sulla sanità che i repubblicani hanno demonizzato usandola in modo efficace nell’elezione del 2010 e 2014. Trump spenderà anche lui capitale politico ma alle elezioni di midterm i democratici potrebbero ottenere risultati simili a quelli dei repubblicani nel 2010. Avere la maggioranza in ambedue le Camere ed il controllo della Casa Bianca non significa la dittatura. Il partito di minoranza può mettere freni con il filibuster specialmente quando la candidata presidenziale ha ricevuto tanti voti più del vincitore.

*Domenico Maceri docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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