di DOMENICO MACERI* – L’elezione in California è stata “bizzarra”. Parla Paul Ryan, l’attuale speaker della Camera, cercando di giustificare le perdite di seggi repubblicani nel Golden State nell’elezione di metà mandato il mese scorso. Ryan ha insistito che il giorno dopo l’elezione la sconfitta non sembrava così schiacciante ma dopo tre settimane “tutti i candidati repubblicani avevano perso”. Ryan criticava il fatto che lo spoglio in California ha preso troppo tempo contrastando il sistema del Wisconsin, il suo Stato, dove, secondo lui, i risultati si sanno immediatamente.
L’asserzione di Ryan è lontana dalla realtà per tante ragioni. Tutti i voti devono essere contati e la California, con 40 milioni di cittadini, richiede tempo, specialmente quando alcuni competitori sono vicinissimi e una manciata di voti può essere decisiva.
I repubblicani però non hanno perso tutte le elezioni in California ma per quanto riguarda i seggi alla Camera hanno subito una forte batosta. Nella scorsa legislatura 14 dei 53 seggi californiani alla Camera erano in mani repubblicane comparati a solo 7 in quella che inizierà nel mese di gennaio 2019. Una forte perdita, ovviamente. Per quanto riguarda la tempestività nell’ottenere i risultati, Ryan dà l’impressione di ignorare il sistema elettorale californiano che fa di tutto per avvicinarsi alla democrazia vera. Le leggi sulle elezioni in California offrono tante possibilità di esercitare il voto. Come in tanti altri Stati americani, l’elezione in California non si svolge solo il giorno stabilito dal governo federale. I californiani possono votare anche per corrispondenza, un metodo che continua ad essere favorito poiché 2 terzi dei californiani lo ha usato. Inoltre ci sono 29 giorni per votare anticipatamente nei municipi locali. Per coloro che non si sono iscritti alle liste elettorali c’è anche la possibilità di richiedere una scheda provvisoria il giorno dell’elezione, soggetta a controlli, e votare subito dopo.
In sostanza, la California cerca di offrire più opportunità ai suoi cittadini per votare. Ryan, da repubblicano, preferisce quegli Stati che invece limitano le possibilità dell’esercizio del voto, perché storicamente, quando poca gente vota, il suo partito tende ad essere favorito.
Ryan però ha buone ragioni per essere deluso, al di là dei risultati nazionali che hanno consentito ai democratici la conquista della maggioranza alla Camera. La sconfitta repubblicana è stata schiacciante poiché anche nell’Orange County, al sud di Los Angeles, tutti i 7 seggi alla Camera sono andati ai democratici. Orange County, come si ricorda, denominata Reagan Country, è stata la roccaforte repubblicana per molti anni. Il fatto che la maggioranza dei 3,2 milioni di abitanti abbia abbandonato il Partito Repubblicano è stato un colpo per Ryan e compagnia.
La sconfitta repubblicana nel Golden State è stata rimarcata anche dall’esito su scala statale che ha riassegnato le cariche principali ai democratici. Inoltre ambedue le Camere Statali hanno mantenuto la super maggioranza ai democratici, che potranno governare con una minima opposizione repubblicana. Si calcola che dei 40 milioni di cittadini in California 30 milioni sono composti da democratici e 10 milioni da repubblicani. I democratici risiedono principalmente sulla costa e nelle grosse città della parte centrale mentre gli elettori tendenti a destra si trovano nelle zone rurali e in quelle desertiche.
Gli analisti hanno spiegato la vittoria democratica in parte con l’antipatia verso Donald Trump e in parte con l’aumento dell’affluenza dei giovani alle urne. Bisogna però aggiungere la favorevole situazione demografica per i democratici che vede gli ispanici al primo posto con il 39% del totale, i bianchi al 37%, gli asiatici al 15% e gli afro-americani al 6,5%. La forte presenza degli ispanici e quella degli altri gruppi minoritari è stata e continuerà ad essere terreno fertile per i democratici. Alcuni hanno già parlato della California come di uno Stato con un solo partito. Oltre alle cariche statali e alla forte maggioranza alla Camera le due senatrici che rappresentano la California a Washington sono anche loro democratiche.
Alla sorpresa di Ryan di fronte all’esito delle recenti elezioni di metà mandato ha fatto eco anche Donald Trump. Il 45esimo presidente ha spiegato la sconfitta appellandosi al fatto che in California votano anche i clandestini, senza però offrire alcuna prova, a parte il suo istinto. Trump aveva usato la stessa spiegazione per la sua perdita del voto popolare nell’elezione presidenziale del 2016 vinto da Hillary Clinton con un margine di 3 milioni di voti, molti dei quali provenienti dalla California. Il segretario di Stato del Golden State, Alex Padilla, smentisce queste voci, che sono anche smentite dagli analisti.
Il problema per i repubblicani in California è che sono diventati quasi irrilevanti. Jim Brulte, il presidente del Partito Repubblicano del Golden State, ha etichettato l’esito dell’elezione come una “sconfitta imbarazzante”. Dovrebbero cambiare; ma fin a quando il Partito Repubblicano sarà costretto a seguire la linea dura di Trump con attacchi ai gruppi minoritari, affidandosi al sostegno dei voti degli elettori bianchi, i democratici in California continueranno a sorridere.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com).
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