OSSERVATORIO AMERICANO/ Il voto per corrispondenza negli Usa favorisce la democrazia ed evita il rischio del contagio per esercitare un diritto

di DOMENICO MACERI*L’elezione speciale del 25esimo distretto congressuale della California del maggio scorso è stata condotta quasi esclusivamente con la modalità del voto per posta. Il vincitore, Mike Garcia, repubblicano, ha sconfitto la sua avversaria democratica Christy Smith. A causa della pandemia, il Governatore della California Gavin Newsome aveva deciso di facilitare l’elezione mediante il voto per corrispondenza per evitare i contagi del Covid-19. 425mila plichi elettorali sono stati inviati agli elettori del distretto e il 34 per cento sono stati spediti con le scelte degli elettori. Nessun broglio. Nessun problema e il candidato repubblicano ha prevalso.

Subito dopo il presidente Donald Trump si è congratulato con Garcia in uno dei suoi frequentissimi tweet, ignorando però la modalità del voto per corrispondenza. Invece, come si sa, il 45esimo presidente ha tuonato negli ultimi mesi contro il voto per corrispondenza perché secondo lui è soggetto a brogli. Trump ha persino minacciato di bloccare fondi federali a Stati che usano il voto per corrispondenza e il Partito Repubblicano ha denunciato lo Stato del Nevada e la California per avere deciso di ampliare il voto per corrispondenza. Trump ha spiegato, senza però darne le prove, che la modalità del voto per corrispondenza apre la porte a chiunque voglia stampare schede elettorali e spedirle, creando il caos.

In realtà, il voto per corrispondenza – già usato quasi esclusivamente dagli Stati del Colorado, dell’Oregon, di Washington e dello Utah per parecchi anni – non ha causato nessun problema. Questi Stati e gli altri che lo permettono hanno stabilito procedure per evitare brogli. Si usa un plico elettorale che include due buste, una esterna e un’altra interna: la prima include un codice a barre e la firma dell’elettore mentre la seconda include la scheda elettorale con il voto segreto. I funzionari del governo che le ricevono controllano la busta esterna per assicurarsi che si tratti di un plico valido. Esaminano il codice a barre e la firma che deve combaciare con quella già depositata anticipatamente nelle iscrizioni. Se la prima parte è valida la busta interna con il voto segreto è passata agli altri addetti che usano il contenuto per il conteggio dei voti, mantenendo però l’anonimato dell’elettore.

Trump non parla mai delle procedure specifiche per giustificare le sue preoccupazioni. Le sfide ci sono ma tutti gli studi fatti  in merito al voto per corrispondenza ci indicano che i brogli sono quasi inesistenti. In casi dove le procedure non vengono rispettate le schede sono scartate e, se necessario, si intraprendono indagini che potrebbero condurre a multe salate e persino al carcere per coloro che cercassero di abusare del sistema. Nei cinque Stati che usano quasi esclusivamente il voto per corrispondenza ci sono stati solo 112 casi di potenziale frode su 11 milioni di votanti.

Trump ha paura che il voto per corrispondenza aumenti la partecipazione popolare alle elezioni e che lui e il suo partito ne facciano le spese. Ma si sbaglia. Un recente studio del New York Times ha portato alla conclusione che un voto per corrispondenza nell’elezione del 2016 avrebbe dato lo stesso risultato, ossia la vittoria di Trump. In effetti, nessuno dei due maggiori partiti americani riceve benefici dal voto per posta, eccetto un aumento di partecipazione del 3 per cento. Un piccolo passo avanti per la democrazia.

Il Partito Repubblicano è stato storicamente compatto nella avversione per il voto per posta ma solo in teoria. Difatti, ha sempre incoraggiato i suoi sostenitori a farne uso. Ecco cosa succede per esempio in non pochi Stati dove risiedono elettori anziani, i quali  votano volentieri per corrispondenza e tendono a votare contro il Partito Democratico. Nonostante le sue arcinote riserve, anche Trump sarà stato informato che la sua campagna contro il voto per corrispondenza lo potrebbe danneggiare, specialmente in Florida. Nel Sunshine State una buona percentuale degli elettori sono anziani, votano per lui, e lo fanno per corrispondenza. Lui ha concesso che  il voto per posta in Florida va bene, ma perché lo Stato ha “un grande governatore”. Si tratta di Ron DeSantis, uno dei più fedeli sostenitori delle politiche del 45esimo presidente. Il voto per posta va bene anche per lui e per il vicepresidente Mike Pence, come pure per molti altri vip della Casa Bianca.

La campagna di Trump  contro il voto per corrispondenza si accentua in vista di una probabile sconfitta alle elezioni del 3 novembre. C’è chi paventa che stia spianando il terreno per tentare di invalidare eventualmente l’esito del voto, creando un caos che a lui farebbe comodo. E per spianare ancora di più il terreno Trump continua ad attaccare il servizio postale americano. Il nuovo postmaster, Louis DeJoy, che ha contribuito finanziariamente alla campagna di Trump in modo notevole, sta cercando di rallentare il servizio postale, eliminando gli straordinari per gli impiegati postali anche se la posta arriverà più tardi del normale. Si tratta di una strategia poco promettente. Gli americani considerano il servizio postale affidabile, come ci viene dimostrato anche dal fatto che i passaporti, le patenti, le medicine e persino il cibo in questi giorni vengono distribuiti in tutte le parti del Paese. Un po’ nascosta è anche la strategia dei repubblicani di delegittimare il servizio postale con l’idea che è troppo costoso e quindi la solita soluzione di privatizzarlo è sempre all’orizzonte.

Ma il problema per Trump è la pandemia, che lui non è riuscito ad affrontare in modo efficace e che continua a far paura nella stragrande maggioranza degli americani. Il voto per corrispondenza è la misura giusta per far svolgere serenamente le elezioni. Nelle primarie del mese di marzo il 75 per cento degli elettori in California ha ricevuto schede elettorali per votare per posta. Questa modalità di voto è programmata per le elezioni presidenziali del 3 novembre non solo da Stati liberal, come la California, ma anche da altri stati guidati da governatori repubblicani. Secondo uno studio del New York Times il 76 percento degli americani o forse anche più potrebbe votare per corrispondenza fra una ottantina di giorni, anche se in alcuni Stati che permettono il voto anticipato è anche possibile votare prima del 3 novembre. L’opinione più diffusa è che non di deve rischiare il contagio per esercitare il diritto del voto.

*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com).

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