OSSERVATORIO AMERICANO/ Il sistema postale Usa in pericolo: è uno strumento che consente…troppa partecipazione popolare alle elezioni

di DOMENICO MACERI* 

Non permetterò mai che il nostro sistema postale fallisca”: così Donald Trump in uno dei suoi recentissimi tweet. Poco dopo il 45esimo presidente ha attaccato il sistema postale americano asserendo, senza fornire dettagli precisi, che la gestione dell’USPS (United States Postal Service) “è stata un disastro”. L’attuale inquilino della Casa Bianca ha continuato accusando i vertici del servizio postale di non volere aumentare i prezzi dei loro servizi perché colpirebbero finanziariamente Jeff Bezos, padrone di Amazon. Secondo Trump tutto si potrebbe risolvere aumentando i prezzi per le consegne pacchi che l’USPS fornisce a Amazon.

La recentissima nomina di Louis DeJoy a postmaster, il leader del servizio postale, spianerà la strada a Trump di mettere in atto questi aumenti e imporre altri cambiamenti all’USPS che lo porteranno a funzionare come un’azienda privata invece di un’agenzia apolitica al servizio degli americani. DeJoy, un imprenditore del North Carolina, è un grosso contribuente alla campagna politica di Trump come pure del Partito Repubblicano. La sua nomina è stata resa possibile dal fatto che l’attuale postmaster Megan Brennan ha annunciato il suo pensionamento, decisione causata almeno in parte dalle pressioni della Casa Bianca per cambiare la direzione dell’USPS da agenzia apolitica a un ente che riflette i desideri del 45esimo presidente.

Si prevedono tempi poco belli per il servizio postale con possibili riduzioni di servizi e inevitabili conflitti con il sindacato dei dipendenti. Al momento tutte le zone degli Stati Unti si sono inserite nei loro servizi, anche quelle rurali e isolate. Non sorprende dunque che il 90 per cento degli americani la considera l’agenzia federale di massima fiducia. Si tratta però di un’agenzia indipendente quasi-governativa che non riceve fondi del governo, mantenendosi in piedi mediante le risorse che le derivano dai servizi offerti. A differenza di altre aziende, l’USPS non è tenuto a generare profitti ma semplicemente ad offrire servizi indispensabili, coprendo le spese della gestione.

Ciononostante, come tutte le altre aziende, in questi giorni sta soffrendo del calo economico. Una parte delle entrate dell’USPS viene dalla distribuzione di pubblicità per le aziende, le quali in questo trimestre hanno ridotto le loro attività del 50 per cento. Come hanno riportato i media, l’economia ha subito un calo del 4,8 percento nei primi tre mesi dell’anno e più di 33 milioni di americani sono disoccupati. Si prevede un calo di Pil molto più profondo nei prossimi tre mesi che potrebbe raggiungere il 30 per cento.

La situazione del servizio postale è in un certo senso molto più grave perché, a differenza delle altre aziende private, ha difficoltà a ridurre i servizi in quanto il governo gli lega le mani. Uno di questi impedimenti al funzionamento efficace è stata la “The Postal Accountability and Enhancement Act” (PAEA), una legge approvata nel 2006 durante l’amministrazione di George W. Bush. La legge ha imposto al servizio postale un limite di 10 anni per pre-pagare le pensioni e i benefici medici dei loro 630mila dipendenti per i prossimi 75 anni.

L’altro punto scioccante è che il servizio postale è l’unica azienda a dovere pre-pagare le pensioni e i benefici dei suoi dipendenti. Di solito, le aziende, il Social Security, e gli altri fondi pensionistici sia statali che privati, mettono i soldi da parte per il futuro gradualmente e non anticipatamente per 75 anni. Non è raro infatti che se un’azienda fallisce mette anche in pericolo le pensioni dei lavoratori. Nel caso dell’USPS la legge del 2006 è diventata un albatro attorno al collo, che aggrava la sua situazione economica. Nel mese di febbraio di quest’anno la Camera ha approvato una nuova legge che revocherebbe quella del 2006. Il voto è stato fornito principalmente da parlamentari democratici ma anche 87 repubblicani hanno votato a favore (309 sì, 106 no). Il Senato, dominato dai repubblicani, fino ad ora non ha considerato la misura della Camera e sembra che Mitch McConnell, presidente della Camera Alta, non abbia nessuna intenzione di sottoporla al voto.

Non è stata l’unica opposizione repubblicana all’USPS. Nel recente stimolo di 2mila miliardi di dollari a beneficio di individui e aziende, il sistema postale non ha ricevuto nulla. I democratici non hanno insistito abbastanza e i repubblicani hanno avuto la meglio. Non si escludono altri stimoli perché la situazione economica continua e stentare e forse il servizio postale potrà ricevere qualche sussidio che lo manterrà a galla.

In questi giorni di pandemia si parla giustamente di lavoratori e anche di servizi essenziali. L’USPS è una di queste agenzie che riesce a fornire assistenza a quasi tutti gli americani. Distribuisce lettere e pacchi, alcuni dei quali contenenti medicine ma in alcuni casi anche cibo. A differenza di altre aziende private come l’UPS (United Parcel Service) e FedEx (Federal Express), che gli fanno concorrenza diretta, il servizio postale copre tutto il territorio non solo i posti redditizi. Infatti, l’USPS assiste queste aziende nel completare le ultime tappe di consegna di pacchi quando devono raggiungere zone isolate non servite da loro.

Il valore dell’USPS deriva anche al contributo che dà nel facilitare il voto per corrispondenza, offerto gratis ai cittadini e ai governi statali e locali. Questo modo di votare sta diventando sempre più popolare e viene permesso da trenta Stati e in cinque è quasi l’unico modo di votare. Nel 2018 il 65 per cento dei californiani ha votato per posta. In altri Stati il numero di persone che si reca alle urne il giorno dell’elezione continua a diminuire. Con la pandemia in corso e le incertezze generate il numero di americani che vorrà votare per posta aumenterà anche per evitare le solite lunghissime file. Alcuni hanno suggerito di votare mediante Internet, ma l’idea è stata quasi subito messa da parte per il pericolo di hacking. Il voto per corrispondenza assicurato dal servizio postale è però sicuro, nonostante le obiezioni di Trump dovute principalmente al fatto che permetteranno a più cittadini di partecipare a quella operazione  democratica.

Trump e i repubblicani vorrebbero approfittare della crisi provocata dal coronavirus per colpire l’USPS e privatizzarlo, come vogliono fare con tutte le agenzie del governo. La nomina di DeJoy rende questa possibilità più probabile. Il nuovo postmaster dovrà lavorare in fretta. Inizierà il suo lavoro il primo giugno e avrà poco più di quattro mesi prima delle elezioni di novembre. Con l’economia a pezzi Trump potrebbe essere fuori dalla Casa Bianca nel mese di gennaio, sfrattato dal suo avversario democratico Joe Biden.

*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com).

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