di DOMENICO MACERI* – Se la California fosse una nazione indipendente formerebbe parte del Gruppo G7 poiché il suo Pil equivale alla quinta potenza economica al mondo. Il potere dello Stato-nazione della Costa Ovest degli Usa si fa sentire però in campo nazionale. Leggi approvate dal Golden State spesso vengono in qualche mode adottate o almeno influenzano gli altri Stati dell’Unione. Quando i californiani approvarono la Proposition 12 sul benessere degli animali di allevamento nel 2018 vennero a galla ripercussioni in parecchi Stati che alla fine condussero alla Corte Suprema, la quale di questi giorni sta esaminando la legittimità della legge californiana.
Il referendum sul benessere delle galline, vitelli e maiali proibisce la vendita nell’interno della California di uova, carne di vitello e suina a meno che non vengano rispettati certi criteri di produzione. Questi includono il modo in cui questi animali vengono allevati. In molti Stati gli animali vengono stipati in spazi limitatissimi che alle galline impediscono persino di spiegare le ali e i vitelli vengono separati dalle madri e confinati in gabbie dove non possono nemmeno muoversi. Nel caso delle scrofe le loro gabbie sono poco più grandi dei loro corpi e non possono nemmeno girarsi. Queste condizioni sono ovviamente crudeli poiché non gli permettono una vita normale ma allo stesso tempo mettono a rischio la loro vita con malattie infettive. Per queste ragioni vengono imbottiti di antibiotici che in una misura o un’altra andranno ad influenzare coloro che consumeranno la loro carne. La legge californiana imporrebbe spazi più ampi richiedendo gabbie di 2,2 metri quadrati, permettendo alle madri suini di alzarsi, girarsi e muoversi.
I produttori hanno protestato poiché considerano questi requisiti troppo onerosi. Aumenterebbero il prezzo di un maiale di 13 dollari, ossia un aumento del 10%, che eventualmente aumenterebbe i costi al consumatore. Una soluzione sarebbe di creare due tipi di carne, una che sarebbe destinata al mercato californiano che usa il 13% della carne suina, e una seconda per il mercato degli altri Stati. Alcuni grossi produttori come Hormel e Tyson hanno indicato che potrebbero soddisfare le richieste della legge californiana.
Ciononostante il National Pork Producers Council, rappresentante dei produttori di carne di maiale degli Usa, ha denunciato la California per la Proposition 12 considerandola incostituzionale. Secondo la denuncia la legge viola la clausola della costituzione americana che regola il commercio fra i differenti Stati. La legge però non discrimina perché non favorisce i produttori californiani a scapito di quelli di altri Stati: prima di tutto la legge cerca di difendere principalmente i diritti del Golden State proteggendo la salute dei consumatori californiani e allo stesso tempo migliorare, anche se di poco, l’allevamento degli animali.
Il Washington Post in un editoriale riconosce che la legge è stata dichiarata legale da una corte Statale e una di Appello e quindi dovrebbe anche spuntarla alla Corte Suprema. Tuttavia rimane il dubbio poiché, come si sa, la Corte Suprema consiste di 6 giudici di orientamento conservatore e 3 di orientamento liberal. Nel caso in cui i produttori dovessero perdere si potrebbero però adeguare. Il mercato californiano è troppo importante da ignorare. Non sono escluse altre possibili ritorsioni. Da una parte alcuni Stati conservatori potrebbero approvare simili leggi che impedirebbero la vendita di prodotti che fossero passati dalle mani di lavoratori senza autorizzazione legale nel Paese. D’altra parte però la California ed altri Stati liberal potrebbero anche loro imporre nuove leggi progressiste ad altri prodotti venduti nei loro mercati.
Ovviamente ci vorrebbero leggi federali sulla materia, ma le divisioni a Washington offrono poche speranze. Gli Stati dunque sono costretti a proteggere la salute dei loro cittadini. Ecco quello che ha fatto la California. Tutti riconoscono però il potere del Golden State di avere un impatto sul resto del Paese. Se vincerà alla Corte Suprema vi saranno altre leggi progressiste o sarà un segnale ai “Red States”, ossia dominati dai repubblicani, come il Texas e la Florida, a seguire l’esempio della California? Non sarebbe improbabile che questi Stati approvino leggi che colpiscano prodotti legati a lavoratori senza diritto di residenza legale negli Usa.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
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