OSSERVATORIO AMERICANO/ di D. MACERI/ Il regalo di Boehner a Ryan: un “fienile pulito”

Domenico Maceridi Domenico Maceri –

Quando John Boehner annunciò le sue dimissioni da speaker della Camera il mese scorso ci disse che avrebbe “pulito il fienile” per il suo successore. Con il recente accordo sul bilancio approvato dalla Camera Boehner ha mantenuto la promessa. L’accordo sul bilancio alza il tetto del debito, rimuove i tagli alla spesa interna e alla difesa richiesti dal “sequester”, evitando così anche lo spettro della chiusura dei servizi  dell’amministrazione.
Il disegno di legge è stato approvato dalla Camera con 266 voti favorevoli e 167 contrari. La maggior parte dei parlamentari democratici lo ha votato ma solo 79 dei 247 repubblicani lo hanno sostenuto.
I negoziati erano stati condotti in privato dalla leadership repubblicana e democratica alla Camera  e al Senato con la collaborazione della Casa Bianca. Tutti ne escono vincitori, specialmente il Paese che non vede lo spettro del default avvicinarsi. Vittoriosi anche il presidente Barack Obama  e ovviamente Paul Ryan, il quale è stato  quasi contemporaneamente eletto speaker. Ryan aveva detto che “il processo dei negoziati è stato disgustoso” data la sua segretezza. Ciononostante lo ha votato perché permetterà alla Camera di iniziare una nuova èra mediante la sua leadership.
Un sollievo per lui anche perché la patata bollente del possibile shutdown, la chiusura dei servizi governativi, sarebbe stato il suo battesimo del fuoco.
Si tratta però anche di una vittoria del senso comune e di una sconfitta temporanea per gli estremisti del Freedom Caucus che non hanno nessuna intenzione di governare.
Un sollievo anche per Boehner, che lascia la Camera pulita anche se ha dovuto fare i conti con il leader dei democratici alla Camera Nancy Pelosi. Allo stesso tempo però una piccola vittoria per lui sul Freedom Caucus, i quaranta parlamentari estremisti che gli hanno reso la vita difficilissima durante i suoi cinque anni di speaker costringendolo a dimettersi.
Il disegno di legge è stato anche approvato dal Senato (64 sì, 35 no) ed eventualmente sarà firmato dal presidente Barack Obama. L’approvazione rapidissima nella Camera Alta è avvenuta nonostante alcune voci contrarie avevano minacciato di deragliare la nuova legge.  I soliti urlatori Ted Cruz, senatore del Texas, e  Rand Paul, senatore del Kentucky, ambedue candidati alla nomination repubblicana, avevano già annunciato le loro riserve. Paul aveva anche detto che userebbe il filibuster per togliere al Senato di l’opportunità del voto.
Il presidente del Senato Mitch McConnell aveva però dato indicazioni che si voterebbe al più presto anche per mantenere la sua promessa in campagna politica che con la sua leadership non ci saranno shutdowns. McConnell capisce anche molto bene che come in passato gli elettori affibbierebbero la colpa ai repubblicani per la chiusura dei servizi governativi e li punirebbero alle prossime elezioni.
Anche Obama aveva già annunciato che si tratta di un compromesso bipartisan atipico nel clima politico di Washington in tempi recenti.
Mick Mulvaney, parlamentare della Carolina del Sud e fondatore del Freedom Caucus ha dichiarato che “già si sapeva che Boehner li avrebbe traditi aumentando  il deficit e le spese e con altre questioni non pertinenti”.
Rohit Kumar, invece, ex consigliere di Mitch McConnell che ha partecipato ai negoziati, ha ribattuto che non “c’è mai grande gioia quando si raggiunge un compromesso”. Questa però, ha continuato Kumar, “è la differenza fra una campagna politica ed il governo. Durante la campagna si può promettere la luna; quando si governa, bisogna fare scelte difficili”.  I membri del Freedom Caucus non capiscono la differenza e sono sempre in campagna elettorale incapaci di governare mediante i compromessi.
Nel suo brevissimo discorso dopo la sua elezione a speaker Ryan ha detto che “la Camera è spaccata. Non si tratta di identificare i colpevoli né di regolare i conti. Bisogna voltare pagina”.  Non è completamente vero. Si tratta in realtà del Partito Repubblicano alla Camera che è spaccato. Toccherà a lui sistemarlo per il bene del suo partito ma anche del Paese.

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