ORA DI PUNTA/ La lezione del professore a Di Maio e Salvini

di ENNIO SIMEONE E’ vero, c’era anche la concomitanza con la festa della Repubblica, ma una accoglienza popolare così entusiastica e soprattutto spontanea a un nuovo capo di governo nelle strade di Roma come quella tributata sabato 2 giugno al professor Giuseppe Conte e alla sua squadra di ministri del governo giallo-verde (associata a quella riservata a Sergio Mattarella, che ne ha aiutato il travagliato parto) non si era vista dagli anni del dopoguerra.

È stata  un’accoglienza che andava ben oltre una improbabile adesione corale alle due forze politiche, peraltro tanto diverse tra loro, che a questo governo hanno dato vita: era un’accoglienza quasi liberatoria tributata alla novità di un presidente del Consiglio che non ha alle spalle una «carriera politica», per di più attorniato da ministri non provenienti dalla militanza nei tradizionali partiti politici, compresi gli unici due (Paolo Savona e Enzo Moavero Milanesi) che sono alla loro seconda esperienza, ma avevano frequentato per brevissimo tempo Palazzo Chigi ed erano tornati tranquillamente alle loro professioni.

Insomma, gli applausi e i saluti calorosi della «gente comune» sono andati soprattutto alla novità: la novità della cosiddetta «antipolitica»… che si fa politica, ma con la speranza che la sappia fare diversamente, rompendo formule cristallizzate, ormai obsolete, che agli occhi dei più appaiono come strumenti di potere anziché strumenti per guidare il paese verso obiettivi di giustizia sociale, di difesa del diritto al lavoro, di libertà dal bisogno e di uguaglianza nei diritti e nei doveri.

Perciò, se il nuovo governo dovesse deludere queste aspettative, se si si sottraesse all’urgenza di dare segnali concreti, la reazione e il malcontento sarebbero ben più fortii dell’entusiasmo iniziale. Alle attese non si può rispondere con le promesse e i roboanti annunci da campagna elettorale, come stanno facendo, già in queste prime ore, da ministro e da vice presidente del Consiglio, sia Salvini che Di Maio, quasi in competizione tra loro. Alle attese si risponde come – a quel cittadino che lo ha salutato gridandogli «Presidente, abbiamo fiducia il lei!» – ha risposto il professore Giuseppe Conte: «Aspetti! Prima la fiducia me la devo guadagnare. Con i fatti».

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