di SERGIO COFFERATI* – Le intenzioni del decreto dignità mi sembrano giuste. I contenuti sono ancora modesti, ci sono delle contraddizioni che dovrebbero essere risolte. Mi pare che vogliano camminare in una direzione che si può largamente condividere. Anche la parte fuori dal decreto, quella sulla tutela dei riders, mi sembra vada nella direzione giusta. Manca la definizione della subordinazione, ma l’idea di avere un contratto nazionale per questi lavoratori mi sembra giusta. Per quanto riguarda le misure del decreto dignità, ci sono delle novità che andranno discusse in Parlamento, corrette, arricchite, ma è bene che siano sul tavolo, che siano oggetto di discussione.
Quanto ai contratti a termine credo che disincentivarne l’uso sia giusto. Poi il lavoro nero si contrasta, con le leggi. Non c’è automatismo tra l’una e l’altra cosa. Bisogna far crescere il lavoro stabile, attraverso una politica economica espansiva, che dia garanzie e certezza alle imprese di poter produrre. Senza la cancellazione del fiscal compact difficilmente si potrà adottare una politica espansiva. Però intanto disincentivare il lavoro a termine è giusto, si può fare anche con forme più consistenti di quelle che sono state messe in campo. Questo può preoccupare le imprese che hanno lucrato vantaggi nell’utilizzo indiscriminato e senza controlli di uno strumento introdotto da quella brutta legge che è il Jobs act.
Quanto alle dichiarazioni del presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti (“Meglio un contratto a tempo determinato che nessun contratto”), è preoccupante, addirittura inquietante che queste parole vengano pronunciate dal presidente di una grande associazione di imprese territoriali. Forse se chiedesse alle sue imprese associate, gli spiegherebbero che di lavoro a tempo indeterminato ne hanno moltissimo, continuano ad usarlo e in certi casi è fondamentale. Il lavoro a tempo determinato invece dovrebbe essere, come è sempre stato, un corollario che riguarda prestazioni che per loro natura non hanno continuità. C’è una distorsione culturale che non trova nessuna giustificazione nelle cose concrete, che viene messa in campo solo per avere dei risparmi.
Ho sempre pensato che il Pd avrebbe fatto bene ad avviare un confronto esplicito e trasparente col M5S sulla possibilità di dar vita ad un governo partendo dai contenuti più delicati. Questi primi provvedimenti del M5S sono un primo passo verso una direzione corretta, ma aprono una contraddizione vistosa con la destra politica della quale Salvini fa parte, a cominciare da Forza Italia. Dall’altra parte la politica di Salvini sull’immigrazione ha tratti regressivi che mettono paura. Non so quanto Salvini possa essere disponibile ad una politica sul lavoro che abbia elementi legati al rispetto di diritti che sono stati messi in discussione, così come non so quanto Di Maio possa continuare ad accettare in silenzio le pessime cose che Salvini predica e cerca di fare. Questi nodi verranno al pettine prima o poi. Non dimentichiamo che la precarizzazione riguarda tutti. In alcuni settori è evidente che c’è una presenza rilevante di lavoratori stranieri. La migrazione di carattere economico dura da tanti anni e ha dato vantaggi rilevanti al sistema economico italiano.
* Dall’intervista di Sergio Cofferati, europarlamentare di Liberi e Uguali, a Radio Cusano Campus
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