ORA DI PUNTA/ Due perdenti di successo nella disfida di Monnezzòpoli

di SERGIO SIMEONE*  Chi è un cultore delle grandi battaglie della storia sa che uno degli elementi che hanno determinato in molti casi la vittoria o la sconfitta di un esercito è il terreno su cui avviene lo scontro. Ce lo mostra con mirabile chiarezza Victor Hugo nel descrivere, nei Miserabili , lo svolgimento della battaglia di Waterloo. Quando le sorti della battaglia sono ancora incerte, Napoleone, ci racconta lo scrittore, lancia la poderosa cavalleria francese alla conquista di un’altura presidiata dall’esercito nemico. Ma non si accorge che la pendenza del terreno, apparentemente continua, è ad un certo punto interrotta da un avvallamento non visibile da lontano, e quell’avvallamento, che si rivela all’improvviso sotto le zampe dei cavalli lanciati a folle velocità lungo l’erta, inghiotte tutta la cavalleria francese e determina la sconfitta di Napoleone.

I due strateghi giallo-verdi, Salvini e Di Maio, certamente hanno studiato e meditato su quella storica battaglia ed hanno perciò pensato bene, ognuno di loro, di portare il proprio alleato-competitor sul terreno più favorevole per arrivare ad un confronto nel quale si possa dimostrare la propria superiorità politica. E così, dopo alcune scaramucce su varie tematiche, entrambi hanno scelto, così a naso, il terreno più adatto alla disfida: la monnezza.

In realtà, passando dal faceto al serio, la loro è una battaglia tutta ideologica, nella quale i contendenti agitano slogan completamente slegati da una attenta analisi della realtà, avendo il solo obiettivo di mostrare al proprio elettorato che non arretrano sui valori, che costituiscono la loro identità e per cui hanno ricevuto i voti: Salvini deve tenere buoni gli imprenditori del nord, che mugugnano contro i freni imposti dai cinque stelle alle grandi opere, mostrando di voler dare una soluzione “industriale” allo smaltimento della monnezza campana . Di Maio deve far dimenticare agli ecologisti i suoi cedimenti su TAP e ILVA, e quindi spinge per dare una soluzione “puramente ecologica” allo stesso problema.

Anche un bambino infatti capirebbe che impiantare, ad esempio, un inceneritore a Benevento (provincia di 300.000 abitanti con raccolta differenziata al 70%), sarebbe una grossa sciocchezza (e quindi ha torto Salvini che propone di installare un inceneritore in ogni provincia della Campania). Ma nemmeno si può dire (come dicono i Cinquestelle) che tutto si può risolvere con la raccolta differenziata, oggi ferma in Campania al 35%. E dell’altro 65% che cosa ne facciamo?

Ancora una volta, ripeto, si pretende di offrire soluzioni semplici ad una realtà complessa. Non c’è nessuna formula industrialista o ecologista che da sola possa risolvere il problema. Chi agita queste formule salvifiche non fa politica ma solo (pessima) propaganda.

Per allontanare questo sospetto occorrerebbe almeno mostrare maggiore coerenza tra gli obiettivi che si indicano e la pratica politica: i Cinquestelle, ad esempio, non possono al tempo stesso respingere con sdegno gli inceneritori e battersi perché non venga realizzato un impianto di compostaggio a Pomigliano.

*Sergio Simeone docente in pensione di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato Scuola della Cgil

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