di GIOVANNI PEREZ – “La Rai colpita al cuore dai politici, in questi mesi attacchi mai visti”: questo il titolo di Repubblica sulle dichiarazioni rilasciate in una intervista da Fabio Fazio. In verità se fosse stato più sincero credo che Fabio Fazio avrebbe dovuto specificare “colpita al cuore dal contingentamento dei compensi”. Fazio e parecchi suoi colleghi non sembrano infatti disposti ad accettare la riduzione dei compensi. Per il futuro è stato imposto alla Rai un tetto massimo intorno ai 240 mila euro (lordi per giunta): come si può, infatti, ipotizzare che un Fazio accetti una cosi drastica riduzione dei due milioni annui che ha percepito sino ad ora? Parimenti come si può pensare che Bruno Vespa rinunci alla “modesta” somma che sino ad oggi si aggirava tra 1.300.000 e 1.800.000 eurO annui per le leccate date a chi comanda durante la trasmissione “Porta a Porta”? Sarebbe un affronto inaccettabile per uno che si definisce giornalista, indifferente alle decine di migliaia di colleghi che chiedono su Facebook la sua espulsione dall’Ordine: magari, si sussurra che ipotizzi Vespa, tra i suoi contestatori-Giuda si celano quei giornalisti invidiosi che guadagnano ben 10 mila Euro all’anno. La Rai dove potrà mai trovare un servitore così gradito ai potenti?
Comunque sia, il sorridente Fazio nell’intervista a Repubblica pone alcuni interrogativi. Eccone uno: “Dite che le aziende pubbliche vanno calmierate con un tetto agli stipendi, ma ciò significa sancire il primato dei privati”. Ebbene, si potrebbe rispondere, se siete così sicuri del vostro valore e del fatto che Berlusconi &C sono pronti ad accogliervi a braccia aperte, perché non ci andate? Sono convinto che il pubblico televisivo non batterebbe ciglio e che qualcun altro sia pronto a sostituirvi accontentandosi, felice di ricevere anche molto meno dei tanto disprezzati 240 mila euro.
Ma Fazio nell’intervista ha aggiunto altre considerazioni come, ad esempio, l’affermazione che “la Rai non può rinunciare alle eccellenze : certi volti, certi nomi, sono un valore per la tv di Stato” o “ciò che si arriva a guadagnare deriva dal valore di ciò che si produce. Non mi paga il canone, ma la pubblicità”. Asserzioni che mi permetto di contraddire: i big sono veramente convinti di questa realtà? Non li sfiora il dubbio che volti e nomi in realtà siano noti perché compaiono nei programmi Rai e non il contrario? Ho qualche dubbio, per fare un esempio, che la Clerici sia un “valore aggiunto”. Anche davanti i fornelli.
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