ORA DI PUNTA/ Che cosa si nascondeva dietro certi sondaggi elettorali

di  SERGIO SIMEONE – Qualche giorno fa la Repubblica ha pubblicato un sondaggio di Demos effettuato dopo le elezioni del 4 marzo. Il dato più sconvolgente è quello relativo ai leader più graditi: Gentiloni guida sempre la classifica facendo registrare un aumento ulteriore di fiducia nei suoi confronti rispetto ai sondaggi effettuati prima delle elezioni. Ed allora, viene spontanea la domanda, se questo politico è tanto stimato da circa il 40 per cento degli italiani perché il suo partito, il Pd, è stato così penalizzato dagli elettori? Già immagino la risposta che mi daranno molti: gli elettori hanno visto il Pd non come il partito di Gentiloni, ma come il partito di Renzi e quindi hanno riversato su questo partito la disistima che nutrivano verso il politico fiorentino.

E’ una risposta che non coglie tutta la verità. “Gentiloni è il più saggio dei politici oggi disponibili” (anche se ha imposto alle Camere quella porcheria di legge elettorale), hanno probabilmente ragionato gli elettori, ma l’Italia non ha bisogno di un saggio amministratore, erede comunque della “vecchia politica”: ha bisogno di uno che cambi le regole del gioco e che rovesci soprattutto le regole di quella “vecchia politica” (senza distinzione di colori).

La responsabilità, dunque, che è addossato il giovane politico di Pomigliano è enorme. Si tratta, occorre chiarirlo, di una responsabilità che ricade tutta sulle spalle sue e su quelle di un ristretto gruppo dirigente. Io ho il forte timore che questi “giacobini” non riusciranno a realizzare le speranze che hanno suscitato e a dare alla gente le risposte che questa attende. E questo lo ha capito più di tutti Beppe Grillo. Forse nessuno lo ha notato, ma il comico genovese ha adottato in questa ultima fase politica il modello Farange. Proprio quello che, dopo aver creato molte speranze negli inglesi per far vincere alla Brexit il referendum sull’Europa,  ha preferito farsi da parte il giorno dopo, lasciando ad altri la parte più dura ed impopolare della Brexit, la trattativa con la Commissione Europea.

Se la mia previsione è esatta, non c’è tempo da perdere per la sinistra. Un eventuale fallimento dei Cinquestelle potrebbe produrre la trasformazione del Mezzogiorno in una enorme vandea da cui trarrebbe vantaggio solo la destra. La sinistra (tutta la sinistra, è inutile fare come i polli di Renzo) deve avviare subito un processo di rifondazione, che investa programmi e classe dirigente. I primi segnali purtroppo non sono buoni. Basti pensare che a scoprirsi antirenziani sono oggi quelli che sono stati renziani fino all’altroieri, come i De Luca, che hanno contribuito, forse più di tutti in Italia, con il loro familismo a mettere piombo nelle ali del Pd guidato dal n. 1 dei populisti in Italia: Matteo Renzi.

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