OPERAZIONE SAN GENNARO/ L’arresto del gip Alberto Capuano fa emergere una sistema di corruzione e connivenza con la malavita, che investe la magistratura inquirente di Napoli

Il gip di Napoli Alberto Capuano (foto da “Il Denaro”) è stato arrestato insieme con altre 4 persone perché – secondo quanto sostiene l’accusa del suo collega inquirente di Roma, Costantino de Robbio  – si era adoperato anche per favorire un esponente del clan camorristico Mallardo, promettendogli di fargli avere una sentenza favorevole in cambio di 70mila euro. Capuano è inquisito a vario titolo, di traffico di influenze illecite, millantato credito, tentata estorsione, favoreggiamento personale, corruzione per esercizio della funzione e corruzione in atti giudiziari.
Secondo quanto ricostruito dalla Procura e dalla Squadra mobile di Roma, Capuano avrebbe accettato da antonio di dio, pregiudicato del clan Mallardo di Giugliano, la promessa dei 70mila euro, divisi in “20 prima e 50 dopo la sentenza”, per ricompensare il giudice per il suo intervento sul Collegio penale chiamato a decidere su un processo contro l’esponente del clan e alcuni membri della sua famiglia. L’obiettivo era ottenere un’assoluzione nel corso dell’udienza finale del processo che si sarebbe dovuta svolgere lo scorso 25 giugno e poi rinviata al prossimo ottobre.

In un’intercettazione contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare si sente un intermediario che riferisce a Liccardo le presunte assicurazioni del giudice: «Mi ha detto: dì ai ragazzi che stiano tranquilli, il presidente è una cosa loro, già sa tutte cose, ok? Però già aveva parlato con il nuovo collegio, il presidente è una cosa solo con loro. Già sanno tutto. Anche se l’avvocato ti ha detto la prescrizione, loro devono uscire assolti a te e a tutta la famiglia, sarete assolti, punto». Liccardo, preso atto delle notizie, specificava che non voleva solo l’assoluzione per sé e per tutti gli imputati della sua famiglia – scrive il gip di Roma nell’ordinanza – ma anche il dissequestro dei beni, ottenendo anche in questo caso esplicita rassicurazione dal Di Dio: «E’ automatico che ti ridanno i beni, è chiaro che quando vieni assolto ti ridanno pure i beni, è abbinato hai capito?».

Tra i destinatari dell’ordinanza eseguita dalla Polizia, coordinata dalla Procura di Roma, nell’ambito di un’indagine su presunti casi di corruzione e legami con la camorra, oltre al gip di Napoli in servizio alla sezione distaccata di Ischia, c’è anche Antonio Di Dio, 66 anni, consigliere della Decima Municipalità di Napoli (Fuorigrotta, Bagnoli). Di Dio è stato eletto nel 2016 nel parlamentino dei quartieri Fuorigrotta e Bagnoli, un territorio da oltre 100mila abitanti, con la lista ‘Solo Napoli’ a sostegno della candidatura dell’allora sindaco uscente Luigi de Magistris. Capolista di “Solo Napoli” al Consiglio comunale era Raffaele Del Giudice, all’epoca vicesindaco e oggi assessore all’Ambiente del Comune di Napoli. Alle amministrative del 2016 Di Dio ha ottenuto 377 preferenze, un numero che ha fatto di lui il candidato più votato della lista e tra i più votati in assoluto.

Il gip Costantino De Robbio nell’ordinanza sull‘operazione San Gennaro scrive: «Tutto si può ottenere, tutto si può comprare attraverso il giudice del tribunale di Napoli Alberto Capuano, che vanta vere o presunte influenze su numerosi altri magistrati del tribunale e della Corte di Appello di Napoli ed è pronto a spendere i suoi rapporti in cambio di elargizioni di denaro ed altre utilità anche di entità economica relativamente modesta ( biglietti aerei intercontinentali e pacchetti vacanze in Colombia a prezzi di favore, tessere gratis per stabilimenti balneari ma anche pastiere e bottiglie di vino, fino alle somme di denaro in contanti).

Non esiste questione nella quale il giudice del Tribunale di Napoli Alberto Capuano abbia rifiutato di entrare o corruzione alla quale abbia mostrato, se non distacco morale, almeno disinteresse – sottolinea ancora il gip di Roma –  qualsiasi tentativo di avvicinamento di colleghi e cancellieri gli sia stato prospettato ha trovato in lui una sponda pronta e compiacente, si trattasse della procedura di abbattimento di un umile manufatto di un fabbro o dell’assoluzione di soggetti accusati di far parte della criminalità organizzata e del dissequestro dei loro beni”. “Il Capuano ha messo a completa disposizione di chiunque volesse la propria competenza tecnica, offrendosi di visionare fascicoli processuali per suggerire strategie – si legge nell’ordinanza – imponendo la nomina di avvocati e contattando i magistrati assegnatari dei procedimenti per convincerli a decidere non secondo giustizia ma per il perseguimento di fini economici del tutto incompatibili con la funzione rivestita».

«Le indagini hanno disvelato in un breve lasso di tempo la situazione di estrema vulnerabilità del Tribunale di Napoli, a causa del collaudato sistema di corruttela operante e di cui gli indagati Di Dio e Capuano appaiono i terminali principali (anche se purtroppo non gli unici)», ha scritto ancora De Robbio nell’ordinanza. «Antonio Di Dio – sottolinea il gip – secondo quanto emerso nell’indagine, sembra dedito quasi quotidianamente ad intessere rapporti con soggetti che a lui si rivolgono allo scopo di procurarsi un ‘aggancio’ ad un magistrato del Tribunale o della Procura di Napoli disponibile a piegare la propria funzione giudiziaria ad interessi economici. E’ allarmante la frequenza e la varietà degli accordi corruttivi riscontrati in poche settimane di intercettazioni – afferma ancora il gip – nonché la circostanza che sono quasi sempre i privati a cercare Di Dio perché procuri loro il collegamento con i magistrati, segno che l’attitudine dell’indagato a svolgere opera di intermediazione illecita a fini corruttivi deve essere piuttosto nota sia nell’ambiente della delinquenza organizzata sia a livelli assai più spiccioli di utenti quotidiani della giustizia».

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