Nella vicenda Rai Salvini non può pretendere di fare l’asso pigliatutto

di NUCCIO FAVA – Ha sorpreso positivamente l’atteggiamento sorridente e pacato con cui il ministro francese dell’Economia ha risposto ai giornalisti a conclusione dell’incontro con gli omologhi italiani. Un problema non solo di stile ma di sostanza, perché mai la politica dovrebbe abbandonare la riflessione e il ragionamento, fondamentali per argomentare le proprie ragioni, senza ricorrere a sceneggiate come Salvini e Toninelli. Innanzitutto per rispetto dell’opinione pubblica ed anche dei propri elettori . Ormai purtroppo invece noi cittadini siamo usati e strumentalmente invocati a  sostegno delle proprie posizioni partitiche e, forzando non poco, della loro superiorità rispetto agli altri.

Anche le più clamorose contraddizioni vengono superate con disinvoltura nonostante si tratti di impegni solennemente assunti, ad esempio contro la legge Fornero e la reintroduzione dell’articolo 18.  Si tratta di esempi facilmente ricavabili dal recente dibattito alla Camera sul cosiddetto decreto dignità, con la maggioranza contraria in modo miope ad ogni miglioramento possibile , ad ogni serio confronto e dialogo non partigiano ma nell’interesse della comunità nazionale.

Pur riguardando problemi acuti del mondo del lavoro e delle imprese, il governo è rimasto chiuso sulle sue posizioni e le sue formulazioni che pure avrebbero potuto essere ragionevolmente migliorate con l’apporto di un consenso più largo e un migliore dispiegarsi del processo democratico.

Ragionamento analogo e forse più preoccupante va fatto per la tormentosa e inquietante vicenda Rai. Leggerla come rottura tra Salvini e Berlusconi e fine traumatica del centrodestra è cogliere solo una parte del problema, certo significativa ed importante. Innanzitutto perché le crescenti distanze tra Berlusconi e Salvini datano almeno dai tempi della formazione del governo Cinque stelle-Lega e perché Berlusconi non ha mai perso occasione per esprimere il suo forte dissenso per l’alleanza leghista –pentastellata. Il modo spregiudicato ed interventista di Salvini sulla Rai è apparso al Cavaliere insopportabile  e da non sottacere. Non è che il Cavaliere sia diventato uno sprovveduto, lontano da maneggi di ogni tipo nel settore della comunicazione.  Tante ne abbiamo subite come cittadini con squallidi compromessi di Mediaset con la politica, anche perché gli interessi berlusconiani riguardavano pure la carta stampata e le radio. Insopportabile però per il Cavaliere l’affronto subito da Salvini in combutta con Di Maio. Un metodo che aveva comportato una scelta  esclusiva riguardo alla nomina dei vertici massimi di viale Mazzini. Purtroppo anche Renzi si era mosso in modo analogo, ma forse in spirito “nazareniano” qualche scambio di vedute c’era stato e comunque Berlusconi non si era sentito del tutto escluso. Questo forse spiega meglio l’atteggiamento del Cavaliere di fronte all’insistita prepotenza e spavalderia di Salvini che vuole ad ogni costo mantenere  la designazione di Foa. Posizione difficile ed imbarazzante dal momento che Di Maio sembra smarcarsi e pensare ad un cambio di cavallo anche perché è impossibile ignorare il no della commissione di vigilanza. Resta la pretesa di Foa di poter restare in consiglio Rai, esercitandone la presidenza per ragioni di anzianità anagrafica, e scaricare ogni decisione sull’azionista, il quale peraltro non può certo opporsi ad una decisione del Parlamento, che rende di fatto inesistente la stessa base giuridica della nomina. Con dignità ed onore Foa  dovrebbe dimettersi, cosa che avrebbe forse dovuto fare appena è risultata evidente la mancanza del quorum dei due terzi dei consensi nella Commissione parlamentare di vigilanza per varcare il cancello di viale Mazzini con una qualche autonomia ed indipendenza.

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