MUSICA/ I Tortoise a Roma. Dopo 7 anni con il nuovo album

 

Tortoisedi FEDERICO BETTA – 

Dal 1994 i Tortoise sono conosciuti come un gruppo innovatore, fuori dagli schemi, pronto a infrangere barriere tra i generi per rendere un sound originale, fatto di mescolanze e stili diversi.

A Roma, negli spazi di Villa Ada Incontra il Mondo, hanno presentato il loro ultimo album in studio, The Catastrophist, registrato nel 2016 a distanza di sette anni da Beacons of Ancestorship.

Bastava aver letto qualche recensione per capire che questo nuovo lavoro non sarebbe risultato indifferente al mondo musicale e avrebbe diviso i fan tra gli estimatori e i critici. Sul fronte delle critica, il Mucchio Selvaggio e Ondarock lo hanno letto come troppo intriso di nuove sonorità synt e richiami a sound già sentiti nei ’70 e ’80 per aver qualcosa di davvero originale da dire. Pitchfork invece, ha ritrovato nella nuova onda elettronica ben piantata su derive di un passato mai morto, una strada coraggiosa che può portare il gruppo di Chicago a spostare il post-rock (etichetta che i Tortoise hanno contribuito a definire) verso nuovi orizzonti che è ancora troppo presto per poter solo essere pensati.

Fatto sta che davanti ai cinque musicisti (Dan Bitney, John Herndon, Douglas McCombs, John McEntire e Jeff Parker) che sul palco suonando indifferentemente i diversi strumenti presenti come se fossero tessere di un puzzle, lo spettacolo è così travolgente che non ci si pone più il dilemma.

Purtroppo mancava la vocalist dei Yo La Tengo, Georgia Hubley, che nell’album ha dato la voce a Yonder Blue, e il pezzo sembra in effetti una riedizione di certe sigle da telefilm anni ‘80. Ma il resto è una continua modulazione di atmosfere raffinate, ondulatorie, rarefatte, un incastro di scoppi ritmici punk-rock e distorsioni che virano nel rumorismo, tanto articolato da lasciare senza fiato.

Chitarre elettriche, basso, synt, doppia batteria, xilofono, vibrafono e tamburello: questo l’arsenale per un sapore cinematografico che sorge da interminabili cicli elettrici alla Profondo Rosso e si mescola a sfondi horror di Carpenter per sciogliersi in ipnotiche involuzioni alla Lynch. Ma il cinema non è unico riferimento del lavoro. C’è l’estetica 8bit dei Kraftwerk, la chitarra elettrica jezzata di Ralph Towner, le progressioni ritmiche dei Beastie Boys di Sabotage, il progressive cupo di Hallogallo dei Neu! e la leggiadria del Sudamerica.

Insomma i Tortoise reinventano un melange post moderno che spiazza gli ascoltatori più affezionati e ci lascia sull’orlo di un precipizio: aspettiamo a vedere se per cadere o volare.

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