Mostro di Firenze, l’investigatore ex consulente di Pacciani e Vanni: “Indagini fatte alla carlona. Un errore non seguire la pista sarda”

di SERGIO TRASATTI/ Le indagini sul Mostro di Firenze hanno preso nuova linfa dai recenti sviluppi: i carabinieri del Ros infatti hanno estratto un’ogiva rimasta dal 1985 in un cuscino trovato nella tenda da campeggio di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, la coppia di giovani francesi ultime vittime del mostro di Firenze. Un colpo a vuoto mai trovato in ben 33 anni. La vicenda è stata approfondita su Radio Cusano Campus a “La Storia Oscura”. Fabio Camillacci ha intervistato l’investigatore Davide Cannella, che fu consulente della difesa di Pietro Pacciani e Mario Vanni: “Questo recente ritrovamento –ha esordito Cannella- fa capire in che modo sono state condotte le indagini: alla carlona, è proprio il caso di dirlo. Perché ritrovare un’ogiva all’interno di un cuscino dopo 33 anni significa che troppe cose non hanno funzionato; significa che troppe cose sono state fatte male. Ricordo infatti che non sono mai state trovate impronte digitali, non sono mai state trovate tracce di dna dentro quella tenda che invece continua a parlare come parlano tutte le scene del crimine. Quindi è chiaro che la colpa è degli investigatori che non sono stati capaci di capirne il linguaggio, il significato”.

Cannella riapre la “pista sarda”. L’ex consulente di due dei cosiddetti “compagni di merende”, ai microfoni della Radio dell’Universit Niccolò Cusano aggiunge: “Un altro errore come quello di non seguire la ‘pista sarda’: e invece è lì che andava cercato il vero Mostro di Firenze visto che la famigerata Beretta calibro 22 uccise per la prima volta nel 1968 coinvolgendo appunto i sardi Stefano Mele e Salvatore Vinci, rispettivamente, marito e amante di una delle vittime Barbara Locci. Non dimentichiamo che nei primi anni 80 dopo gli altri delitti del Mostro, qualcuno volle portare gli inquirenti sulla ‘pista sarda’ con una lettera anonima, segnalando appunto che la Beretta calibro 22 aveva già ucciso una coppia nel fiorentino nel ’68: Barbara Locci e un altro suo amante, Antonio Lo Bianco. Chi poteva sapere che la pistola protagonista dei delitti maniacali del Mostro di Firenze nel 1974 e nei primi anni 80, era la stessa che uccise nel 68? Evidentemente, qualcuno che sapeva chi l’aveva utilizzata, cioè chi ha sparato. Quindi, qualcuno che sapendo questo, per vendetta voleva mettere gli inquirenti sulla strada giusta per arrivare al Mostro di Firenze. Insomma –ha concluso l’investigatore Davide Cannella- diciamo che questa pistola ha transitato all’interno di una cerchia ristretta di persone, legate, lo ripeto, alla cosìddetta pista sarda. Non ci sono dubbi: il Mostro di Firenze è un personaggio legato alla pista sarda. Non a caso, proprio una persona di quella cerchia, recentemente, mi ha rivelato che la famosa pistola Beretta calibro 22 è stata fatta in mille pezzi e non la troveranno mai”. A 33 anni di distanza, una sola cosa è certa: il Mostro di Firenze non è Pietro Pacciani. Ennesimo grave errore giudiziario, forse serviva il classico capro espiatorio. E Pacciani, come Olindo Romano e Rosa Bazzi, era perfetto.

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