di GIOVANNI PEREZ – Ma quando si decideranno a dire agli italiani la verità? Intanto ve ne anticipiamo noi una possibile: questo il messaggio che sembra aver guidato gli autori dello sceneggiato su “Aldo Moro – Il professore” mandato in onda da Rai Uno l’8 maggio, nel 4o° anniversario del suo tragico sequestro in via Fani.
Un interrogativo sui retroscena di quel rapimento seguito dall’uccisione di Aldo Moro, mai chiarito e al quale cercano di rispondere gli autori dello sceneggiato, sia pure tra le righe, con tutte le cautele del caso e con un linguaggio sottotono che probabilmente è sfuggito al pubblico meno attento. Un assassinio, quello di Aldo Moro, che potremmo assimilare, per certi versi, a quello di Johan Fitzgerald Kennedy, avvenuto il 22 novembre del 1963 a Dallas e attribuito frettolosamente ad un certo Lee Harwey Oswald, ucciso a sua volta due giorni dopo da quel Ruby proprietario di un night club. In realtà i dubbi su chi fossero i mandanti dell’omicidio di Kennedy sono rimasti, ma si è preferito mettere tutto a tacere.
Ma torniamo all’omicidio Moro. Il primo dubbio, che nonè mai stato chiarito, riguarda gli esecutori dell’uccisione dei inque uomini di scorta di Moro. I brigatisti che si erano assunti la paternita? Sono in molti a sostenere l’ipotesi che sia stato quasi impossibile che fossero stati loro.
Ecco le obiezioni: quelli che avevano sparato dovevano essere stati dei tiratori scelti, presumibilmente avevano fatto parte di squadre speciali addestratissime negli agguati fulminei. Ad indicarlo in particolare: la rapidità dell’esecuzione dell’agguato; la precisione dei colpi delle armi da fuoco degli attentatori che non aveva consentito una reazione da parte dei ben cinque uomini della scorta; una precisione al millimetro nei tiri, tanto che Aldo Moro non era stato ferito neppure di striscio. Un sangue freddo che i brigatisti non possedevano. Ed allora?
Gli assassini erano probabilmente dei killer professionisti venuti da lontano, forse dagli Stati Uniti, assoldati per quell’assalto. La preparazione probabilmente aveva anche previsto che, se qualcuno di loro fosse stato ucciso, nessuno sarebbe stato mai in grado di identificarlo.
E il ruolo dei brigatisti? Sempre secondo l’ipotesi di cui sopra, a loro l’onore di essere stati gli autori di quella strage di servitori dello Stato e di aver catturato il capo del governo, il democristiano Aldo Moro.
Ma il fine? Far cadere l’ accordo tra la Dc e il Pci avviato da Moro. Che una parte degli industriali e della stessa Dc lo vedesse come il fumo negli occhi era noto, e gli stessi governanti statunitensi nonché molti responsabili della Nato, un possibile accordo tra Dc e Pci lo ritenevano pericoloso nel quadro dell’assetto internazionale e dell’Europa in particolare. Nessuno si spinge a dire che “l’operazione Moro” sia stata pianificata a livello ufficiale, ma che sia stata accettata positivamente “si”.
A dare corpo a questa ipotesi: la poca volontà di scoprire dove fosse tenuto prigioniero l’onorevole Moro e la propagandata “linea di fermezza” proclamata da molti politici per non accettare nessun compenso. In compenso plateali posti di blocco sulle principali arterie necessari per mostrare all’opinione pubblica che si stava facendo tutto il possibile per liberare il capo della Democrazia cristiana. In realta ben poco era stato messo in atto per cercare di individuare dove Moro era tenuto prigioniero. Un mistero che, guarda caso, permane ancora oggi. A quel tempo il “covo” era stato individuato in via Gradoli, ma già allora era sorto il dubbio che fosse stato individuato solo ad uso e consumo dell’opinione pubblica.
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