Migrazioni. Sempre tesi i rapporti tra Italia e Libia per l’arrivo delle nostre navi nell’ambito di “Mare sicuro”

Il generale libico Khalifa Haftar, a capo dell’esercito che controlla l’est del Paese, avrebbe impartito l’ordine di bombardare le navi italiane che entreranno nelle acque territoriali libiche. Fonti governative italiane hanno giudicato “inattendibile” e “infondata” la notizia, ma lo stesso Haftar oggi in un colloquio, in un colloquio con il Corriere della sera ha minacciato di bombardare le navi italiane o di altri Paesi se entreranno nelle acque libiche senza autorizzazione.

Ma come si è arrivati a questa situazione e perché l’ex sostenitore di Gheddafi, l’uomo forte della Cirenaica, si è detto pronto a un attacco? Per capire meglio che cosa sta accadendo tra Italia e Libia bisogna fare un passo indietro, spiega in una nota per AdnKronos Federica Mochi.

Nel 2011, dopo la caduta di Gheddafi, la Libia  precipita nel caos, diventando preda di numerose milizie. I diversi governi che si succedono tentano di imporsi, cercando di disarmarle o di integrarle nell’esercito nazionale, ma falliscono. Nel 2014 la situazione precipita dopo il colpo di stato del generale Khalifa Haftar (ex sostenitore di Gheddafi, passato poi all’opposizione) che occupa il palazzo del Parlamento a Tripoli. Il generale aveva lanciato due giorni prima un attacco contro alcune milizie islamiche nella Cirenaica, ma non autorizzato dal governo centrale. Qualche mese più tardi, una delle milizie occupa Bengasi proclamando l’emirato islamico.

A Tripoli si susseguono violenti scontri, da parte di milizie laiche e islamiche che sono favorevoli al governo, ma non si riconoscono nella loro posizione nei riguardi di Haftar. Nel dicembre 2015, a Skhirat, in Marocco, i rappresentanti del Congresso di Tripoli e della Camera di Tobruk firmano un accordo per formare un governo di accordo nazionale, sotto l’egida dell’Onu. Fayez al-Sarraj viene nominato primo ministro del nuovo governo di unità nazionale a Tripoli, mentre Haftar da Bengasi controlla la Libia dell’Est, la Cirenaica, ed si allea con la Russia.

La settimana scorsa il presidente francese Emmanuel Macron invita a Parigi al-Sarraj e Haftar per tentare una mediazione tra Tripoli e Bengasi. Un vertice che va in scena nel castello di La Celle Saint Cloud, vicino Parigi, nel corso del quale i due leader si impegnano a rinunciare alla lotta armata – salvo quella contro i gruppi terroristici – e ad avviare un processo di cessate il fuoco, con l’accordo poi di andare verso un processo elettorale in Libia la prossima primavera nel contesto dell’accordo Onu di Skhirat.

Tuttavia, all’indomani del faccia a faccia tra il generale che guida l’esercito nazionale e al-Sarraj, quest’ultimo fa appello al premier Paolo Gentiloni, indirizzandogli una lettera nella quale chiede al governo italiano un sostegno con unità navali per contrastare gli scafisti. La missione, che mira a dare supporto logistico e tecnico alla Guardia costiera libica, si svolgerà in acque libiche con navi.

La richiesta di Sarraj viene accolta dal governo e ieri il Parlamento approva con la risoluzione di maggioranza la missione navale di supporto della Guardia costiera libica, decisa la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri. Nella stessa giornata, la nave Comandante Borsini, già impiegata nell’ambito del dispositivo dell’operazione ‘Mare Sicuro’, entra nelle acque territoriali libiche, dopo aver ricevuto le necessarie autorizzazioni, facendo rotta verso il porto di Tripoli.

Che cosa faranno le navi italiane in Libia. A chiarire come si muoveranno le navi italiane in Libia è la ministra della Difesa, Roberta Pinotti. “Le autorità libiche ci hanno richiesto di operare anche nelle loro acque territoriali e nei loro porti, per svolgere le nostre funzioni di supporto”, ha detto qualche giorno fa Pinotti, spiegando che il compito assegnato per l’invio di navi italiani sarà quello di “assicurare un sostegno di natura logistica, tecnica e operativa alle unità navali libiche, accompagnandole e sostenendole mediante attività congiunte e coordinate e assicurando il mantenimento o il ripristino dell’efficienza degli equipaggiamenti”. Tutte le attività, inoltre, ha precisato la ministra, “si svolgeranno sulla base delle esigenze formulate dalle autorità libiche e quindi nel più stretto coordinamento e le unità navali impiegate in Libia saranno tratte dal dispositivo nazionale ‘Mare Sicuro’, già operativo nelle acque internazionali”.

La reazione di Haftar– Nonostante l’Italia abbia chiarito più volte che si tratta di una missione di supporto logistico e tecnico, Haftar (nella foto a destra mentre stringe la mano ad al Sarraj su invito di Macron) non ha gradito quella che ha giudicato “un’interferenza”, arrivando a minacciare bombardamenti alle navi italiane. Anche il figlio di Gheddafi, si è schierato con il generale. “Gli italiani stanno ripetendo lo scenario della Nato, provocando i sentimenti dei libici – ha detto Sayf al-Islam Gheddafi, secondo una fonte citata da Libya 24 Tv – il loro amore per la patria, con l’invio di navi da guerra che violano la sovranità della Libia a causa della condotta irresponsabile di alcuni funzionari libici”. La politica italiana sulla Libia, ha rimarcato l’erede politico di Gheddafi, è una “politica nostalgica della visione coloniale e fascista che considerava le coste di Tripoli come una colonia di Roma”.

La nave “Iuventa” della ong tedesca è a Trapani. Intanto è arrivata nel porto di Trapani, la nave “Iuventa” della ong tedesca Jugend Rettet, posta sotto sequestro preventivo dalla Procura trapanese che indaga per favoreggiamento dell’immigrazione. La nave, partita da Lampedusa, è stata condotta da uomini della Guardia Costiera italiana. Nessun membro dell’equipaggio della Iuventa risulta al momento indagato e il legale della Ong, l’avvocato Leonardo Marino, ha già annunciato che presenterà ricorso per ottenere il dissequestro dell’imbarcazione.

“Stiamo lavorando per preparare la strategia difensiva – dice Marino dell’Adnkronos – ma ancora non abbiamo nemmeno tutte le carte”. La legale rappresentante della Ong, che al momento del fermo era sulla Iuventa, si trova ancora sull’isola di Lampedusa. “Tecnicamente non è indagata – spiega l’avvocato – le è soltanto stato notificato il decreto di sequestro preventivo”.

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